CORRADO ANNICELLI

di Massimo COLELLA

   Corrado Annicelli nacque a Napoli il 1° settembre 1905 e morì a Roma il 28 agosto 1984.

   Figlio di un notaio di Sorrento, in gioventù era noto con il soprannome di Manfred; all’età di quindici anni fu una delle ultime ‘conquiste’ capresi del barone Jacques d’Adelswärd-Fersen, raffinato esteta e poeta che lo portò con sé nei suoi viaggi (Sicilia, Sorrento, etc.). Insieme a Nino Cesarini il 5 novembre 1923 trovò il corpo esanime del barone nella sua lussuosa residenza di Villa Lysis a Capri.

   Successivamente intraprese l’attività di attore teatrale, radiofonico e cinematografico. Nella fattispecie, superati da poco i vent’anni, approdò al teatro di prosa nel 1927, scritturato da Dora Menichelli Migliari per interpretare uno degli affascinanti ufficiali nella commedia Guerra in tempo di pace di Moser e Schönthan, messa in scena al Teatro Alfieri di Torino.

   Fisico asciutto, alto ed elegante, occhi a mandorla che gli conferivano un che di asiatico, capelli corvini, sorriso accattivante, Annicelli rappresentava l’ideale dell’‘attor giovane’, come lo si intendeva alla fine degli anni Trenta e anche dopo. Queste doti, unite ad una recitazione raffinata e misurata, lo condussero a lavorare nelle maggiori compagnie dell’epoca (es. la Ferrari-Carini: O di uno o di nessuno, 1930), sempre però in ruoli di fianco, accanto ai grandi attori del tempo quali l’amico Lamberto Picasso, Antonio Gandusio, Marta Abba, Dina Galli e Ruggero Ruggeri. Con quest’ultimo collaborò per otto anni circa, fino al 1945.

   Oltre che dedicarsi alla prosa, nel 1942 Annicelli diventò uno dei più applauditi ed acclamati attori radiofonici, recitando numerose commedie italiane, ma soprattutto napoletane, tra cui la celebre commedia in un atto Pasqua in famiglia di Ernesto Murolo, comparsa a stampa per la prima volta in «La lettura», luglio 1914 (cfr. Radiocorriere settimanale dell’EIAR, 1946, p. 17 [trasmissione del 27 giugno 1946]).

   Scritturato da Emma Gramatica, nel 1946 partì per una lunga tournèe nell’America Centrale e del Sud, per poi ritrovare una scrittura al suo ritorno con Lamberto Picasso e, nella stagione 1949-1950, con Paola Barbara e Loris Gizzi (ditta Annicelli-Barbara-Gizzi).

   Di solida formazione tradizionale, dotato di uno stile e di una misura esemplari, Annicelli non riuscì mai a diventare un protagonista assoluto, tuttavia arrivò puntualissimo all’appuntamento con alcuni degli spettacoli più significativi del secondo dopoguerra napoletano.

   Accantonato un suo sogno di dar vita ad un teatro dialettale partenopeo, riuscì nel 1953 a ritrovare Marta Abba per una splendida edizione del pirandelliano Come tu mi vuoi e nel 1955 ad avere il nome in ditta con la Borboni e Scelzo.

   Fu scritturato negli anni Cinquanta nella Compagnia del Teatro Italiano dell’Arte del Sud, una formazione stabile regionale sovvenzionata dalle province meridionali col sostegno della Direzione del teatro, ideata da Luigi Montanari; tra gli scritturati c’erano Emma Gramatica, Antonio Crast (anche regista), Laura Carli, Aldo Allegranza e Gianna Pacetti.

   Diede vita al personaggio del maestro di musica, marito in scena di Pupella Maggio, per la regia di Francesco Rosi, nella commedia di Giuseppe Patroni Griffi In memoria di una signora amica (1963).

   Partecipò nel 1967 all’importante spettacolo teatrale Napoli: notte e giorno,ideato e diretto da Giuseppe Patroni Griffi su testi di Raffaele Viviani: Annicelli vi interpretava il personaggio di Don Alfonso, l’accompagnatore e impresario del complessino di suonatori ambulanti de La musica dei ciechi (1927), il secondo dei due atti unici di cui si componeva l’indimenticabile spettacolo (il primo era Via Toledo di notte, 1918).

   Nel 1969-70 andò in tournèe con la Compagnia del Teatro Stabile di Catania (prima rappresentazione: Catania, Teatro Ambasciatori, 19 febbraio 1969) con I Viceré, adattamento teatrale di Diego Fabbri del romanzo di Federico De Roberto, regia di Franco Enriquez, pièce «dai grandi effetti corali» (Sisto Sallusti, Gianfranco Enriques, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 42, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1993; cfr. la recensione di Carlo Terron alla messinscena al Teatro Lirico di Milano, in «La Notte», 19 dicembre 1969).

   Fu poi un insinuante e ambiguo Giulio Genoino nel mitico Masaniello di Elvio Porta e Armando Pugliese, regia di Armando Pugliese (splendida proposta di teatro popolare, con canzoni e musiche di Roberto De Simone, scene e costumi di Bruno Garofalo) con la Cooperativa Teatro Libero, al suo sesto anno di vita: fu una «lunga» tournèe in molti «centri italiani», tra cui il Teatro Circo del Teatro di Roma (debutto: 10 gennaio 1976). La Cooperativa, composta di circa quaranta persone tra attori e tecnici, «sfrutt[ava] spesso spazi non tradizionalmente teatrali quali capannoni, palazzetti dello sport, tendoni, fabbriche, palestre, piazze, cortili, ecc. Nella ricerca di questi nuovi spazi si inserisce appunto il Masaniello,uno spettacolo sui fatti della rivolta napoletana del 1647, realizzato secondo i moduli del teatro di piazza, con numerosi palcoscenici mobili tra il pubblico che formano di volta in volta i vari luoghi deputati della azione» (Masaniello da stasera al Teatro Circo di Roma, in «l’Unità», 10 gennaio 1976, p. 9; un importante profilo complessivo di Corrado Annicelli è stato tracciato da Francesco Càllari, Enciclopedia di «Dramma»: Corrado Annicelli, in «Il Dramma. Mensile di spettacolo», a. 50, nn. 8-9, agosto-settembre 1974, pp. 99-100).

   Si dedicò talvolta anche al teatro di rivista, con alcune gustose caratterizzazioni al fianco di Nino Taranto, ad esempio nelle farse Vado per vedove di Giuseppe Marotta e Belisario Randone (altri interpreti: Carlo Taranto, Dolores Palumbo) e Lo spione della scala C di Samy Fayad (altri interpreti: Carlo Taranto, Dolores Palumbo, Nuccia Fumo, Nino di Napoli, Adriana Cipriani, Annalisa Raviele e Paolo Falace; cfr. Teatro italiano ’71. Annuario dell’Istituto del Dramma Italiano, Roma, Bardi, 1971, pp. 249 e 295).

   Annicelli fu anche attivo al cinema (anche se spesso in ruoli di caratterista), nelle produzioni televisive e nel doppiaggio.

   Il debutto nel cinema avvenne nei primi anni Trenta, ma, assorbito dal teatro, Annicelli riprese i contatti soltanto agli inizi degli anni Cinquanta, senza però raggiungere le quotazioni che aveva sul palcoscenico. La sua filmografia è estremamente corposa, densa di titoli; tuttavia, Annicelli non riuscì a imporsi .

   Fu attivissimo in televisione sin dagli albori, partecipando a sceneggiati come Il dottor Antonio (1954) diretto da Alberto Casella, L’alfiere (1956) diretto da Anton Giulio Majano e I grandi camaleonti (1964) per la regia di Edmo Fenoglio. Nel 1967 fu uno degli interpreti dell’episodio Il cappello nero della serie Il triangolo rosso diretta da Piero Nelli e nel 1968 dell’episodio Caio Gracco della serie I giorni della storia diretta da Piero Schivazappa. Nel 1970 partecipò a due sceneggiati di successo quali Il cappello del prete diretto da Sandro Bolchi e Marcovaldo per la regia di Giuseppe Bennati, cui si aggiunse nello stesso anno Le terre del Sacramento diretto da Silverio Blasi, oltre a numerose commedie adattate per la TV.