Le opere d’arte e il mondo come teatro e come cinema nell’«altro sguardo» di Alain Jaubert.

a cura di Gius GARGIULO

Quando lo presentai come lo Steven Spielberg e l’Alfred Hitchcock dei registi documentaristi sulla pittura, durante un convegno a Sorrento, i suoi occhi si illuminarono di un sorriso gioioso quasi infantile. Alain Jaubert era rimasto sorpreso da questo accostamento, anche se ormai si poteva considerare uno dei grandi maestri in questo campo. In effetti, la serie Palettes a cui doveva la sua celebrità, come regista documentarista, era già diventata un vero e proprio classico del raccontare analizzando la pittura dei grandi artisti in modo chiaro e rigorosamente scientifico. Palettes dal 1988 al 2003 si divide in 50 episodi ed è stata prodotta dal canale televisivo di servizio pubblico franco-tedesco «Arte», che sta per «Association Relative à la Télévision Européenne», con il sostegno del museo del Louvre, d’Orsay, del Centre Pompidou, di altri musei francesi e di diversi musei stranieri. La serie è stata un successo in Francia e poi in tutto il mondo, ricevendo premi ovunque e si può ancora oggi acquistare in DVD nella sua integralità in tutte le librerie o su Internet o in «download». Ricordo in particolare il suo stupendo documentario sulla Flagellazione di Piero della Francesca in cui era riuscito a scomporre con l’aiuto di un computer, all’epoca una cosa rara applicata al cinema documentaristico, tutta la struttura matematica della prospettiva concepita dall’artista rinascimentale, decostruendo il quadro stesso in modo che lo spettatore si rendesse conto, non solo dell’organizzazione concettuale prospettica dell’artista ma anche della proporzione matematica dello spazio in cui questi concetti venivano visualizzati. Altrettanto memorabile il documentario su Sant’Anna con la Vergine e il Bambino di Leonardo da Vinci e sulla Gioconda, al Louvre, in cui matematicamente con l’aiuto del computer veniva scomposto il chiaroscuro e lo «sfumato» di Leonardo che corrisponde ad un’equazione perfetta di cromatismo. La precisione di Alain era comunque anche una forma poetica come nel documentario Le Mimosa mimétique, sui quadri di Pierre Bonnard, dove era riuscito anche a riprodurre in film la luce di alcune mattinate e di alcuni pomeriggi del meridione francese come quella che era stata catturata dai colori del pittore in modo che lo spettatore si trovasse non solo nello studio dell’artista ma che vedesse con i suoi stessi occhi come il colore diventava un equivalente della luce. Operazione ardita e pertinente cinematograficamente in quanto Alain, che di questi documentari oltre alla regia e alla fotografia, curava le ricerche, la sceneggiatura e i testi, sapeva bene che le tele di Bonnard, come per Proust in letteratura, alla fine non dipingono né il reale né l’immaginario ma un reale trasfigurato dall’emozione della memoria. La serie dei documentari Palettes offre una descrizione precisa e un’analisi colta del dipinto, dal materiale ai pennelli utilizzati, dal contesto in cui l’opera è stata prodotta, ai personaggi che ritrae. Secondo i criteri della casa di produzione ARTE, Palettes costituisce un’introduzione completa alla storia dell’arte, fino ad allora spesso appannaggio degli specialisti della ricerca, attraverso un tentativo originale di comprendere la genesi, la composizione e il significato di una selezione significativa di opere, senza pretendere di esaurirne l’irriducibile valore artistico. La voce fuori campo dell’attore Marcel Cuvelier, permette agli occhi di vedere ciò che le orecchie sentono. Alain Jaubert non appare mai sullo schermo. Suono e immagine si fondono per un’immersione nei capolavori, metodologicamente controllata, approfondita e cinematograficamente avvincente, secondo il principio del grande regista inglese Alfred Hitchcock di svelare un enigma attraverso l’analisi degli indizi. Sono altrettanto numerosi i saggi di Jaubert storico dell’arte: Palettes, Gallimard, 1998; L’art pris au mot, in collaborazione con Valérie Lagier, Dominique Moncond’huy et Henri Scepi, Gallimard 2007; Lumière de l’image, Gallimard, 2008 ; D’Alice à Frankenstein, Lumière de l’image 2, Gallimard, 2011 ; La Moustache d’Adolf Hitler, Gallimard, 2016 ; J.M.W. Turner, Carnets secrets, Cohen&Cohen, 2016 ; “Sur quelques thèmes homériques”, in  : Homère. Catalogo dell’esposizione presentata al museo del Louvre-Lens, LienArt, pp. 40-49, 2019 ; Zestes, Aventures des agrumes dans l’art, Cohen&Cohen, 2021. Ebbi inoltre il piacere di invitare Jaubert all’Università Paris Nanterre per una serie di conferenze sui suoi documentari al Dipartimento di Storia dell’arte e a quello di Studi cinematografici. Con grande disponibilità, umiltà e chiarezza, Alain si prestava alle domande dei miei studenti e mostrava tutta la sua professionalità anche come docente. Infatti anche in questo campo vantava un curriculum di tutto rispetto. Laureato in scienze presso la Facoltà di Scienze di Parigi (1962-1965), aveva studiato anche cinema all’Università di Parigi VIII-Vincennes dal 1978 al 1980. In seguito divenne docente presso il Dipartimento di filosofia di Paris VIII-Vincennes, invitato da Michel Foucault, per insegnare epistemologia della biologia, “Scienze e politica”, “Scienza e potere”, “Genetica, eugenetica e biopolitica” tra il 1970 e il 1974. Dal 1983 al 1990, ha insegnato all’École nationale supérieure des arts décoratifs di Parigi: teorie del colore, comunicazione fotografica, fotografia e narrazione, fotografia e verità, nuove immagini. Invitato da Alain Fleischer al Fresnoy-Studio national des arts contemporains tra il 1998-1999 e il 2000, ha tenuto numerose conferenze, corsi e seminari presso l’INA, La FEMIS, l’École du Patrimoine, Sciences Po Paris e l’École nationale supérieure des beaux-arts. Comunque le sue grandi passioni oltre all’impegno politico sono rappresentate soprattutto dal giornalismo storico, dalla storia dell’arte, dalla narrazione letteraria, dalla fotografia e dal cinema. Come cineasta televisivo, Alain Jaubert ha iniziato a lavorare all’Institut National de l’Audiovisuel (INA) nel 1981. Vi realizza diversi film e contemporaneamente lavora come ricercatore al CNRS-Audiovisuel, dove viene invitato da Jean-Michel Arnold. Nel 1988 viene assunto da Pierre-André Boutang per il programma di grandissimo successo Océaniques su France 3 (FR3), dove realizza una quindicina di film, soprattutto ritratti di scrittori e artisti, tra i quali le interviste a Borges, Mario Vargas Llosa e Umberto Eco e produce una rivista mensile, Les Arts, tra il 1990 e il 1993. Vorrei ricordare tra gli altri, l’importante lavoro di ricerca sulle fotografie inedite delle deportazioni al campo di sterminio di Auschwitz raccolte dopo lunghe e meticolose ricognizioni d’archivio nel documentario : Auschwitz-L’album de la mémoire del 2005. Grande specialista della cultura e dell’arte del XVIII secolo e della vita di Casanova, dedica al grande memorialista veneziano un esaustivo e documentatissimo reportage, Giacomo Casanova, un aventurier de l’Europe des Lumières del 1998, da cui emerge con l’intervento di autorevoli casanovisti e «dix-huitièmistes», tutta la statura culturale, storica, filosofica e letteraria di respiro europeo di Giacomo Casanova. Ripercorre poi in un denso e avvincente romanzo-saggio la vita del memorialista nella pubblicazione: Casanova l’aventure per Gallimard nel 2015. Jaubert osserva Casanova anche attraverso la sua passione per i metalli quali il mercurio, il piombo e l’oro che manipola e utilizza nella sua alchimia durante tutta la sua vita avventurosa per avere successo sia come guaritore, sia per modificare la realtà a suo vantaggio. Queste considerazioni di Jaubert sono racchiuse nel volume da me curato, Passioni e teatri di Casanova, Cadmo, 2002, insieme ai saggi di Annalisa Aruta, Antonia Lezza e Chantal Thomas, relativo agli atti del convegno casanoviano di Sorrento dove Alain gustando e apprezzando un delizioso risotto all’arancia nel ristorante dell’Hotel Excelsior Vittoria, maturò l’idea di scrivere un romanzo erotico ambientato tra Napoli, Pompei e Sorrento e un saggio sugli agrumi nella pittura. La formazione politica di Alain è legata agli eventi che attraversano il sessantotto e alle sue conseguenze nella società francese e occidentale in quanto si trova a stretto contatto come intellettuale schierato con Sartre e Foucault tanto da passare alla storia per quello che fu definito l’«Affaire Jaubert». Il 29 maggio 1971, all’epoca era giornalista scientifico del Nouvel Observateur, uscendo con la moglie e degli amici da un ristorante di Place Clichy, Alain si imbatte in una manifestazione del Secours Rouge contro il colonialismo, dove si avvicina a un uomo insanguinato di nome Sollier. Propone a un brigadiere della polizia, mostrando il suo tesserino da giornalista, di accompagnare il ferito su di un furgone della polizia fino all’ospedale Lariboisière, il più vicino. Durante il tragitto, Alain Jaubert fu duramente picchiato dai poliziotti. Portato al pronto soccorso, ferito viene piantonato e poi arrestato. Dopo 48 ore, un giudice istruttore provvisorio visita la sua cella e lo accusa di offesa, resistenza e aggressione fisica alle forze dell’ordine. Alain Jaubert sceglie come avvocato Maître Henri Leclerc. La sera del 30 maggio, la Prefettura di Polizia diffonde un comunicato stampa all’Agence France-Presse, affermando che Jaubert aveva aggredito gli agenti e tentato di fuggire dal furgone in movimento, che era stato posto in arresto per resistenza all’arresto, aggressione e percosse e che era stato portato all’ospedale Hôtel-Dieu per le cure del caso. La notizia e il comunicato stampa che ne seguì suscitarono scalpore mediatico a causa della notorietà di Alain. Un gruppo di intellettuali di sinistra, tra cui Jean-Paul Sartre, Michel Foucault, Gilles Deleuze e Denis Langlois, lanciano una petizione e una controinchiesta. L’atmosfera politicamente tesa sul “caso Jaubert”, spinse Jean-Luc Godard e Jean-Claude Vernier, all’epoca attivi nei movimenti maoisti, a lanciare una nuova agenzia di stampa: l’Agence de presse Libération (APL), che in seguito divenne il quotidiano Libération. Tre settimane dopo la vicenda, due medici nominati dal giudice istruttore contarono una cinquantina di ematomi e diverse lesioni traumatiche sul corpo di Jaubert. Il 26 gennaio 1973, Alain Jaubert e Maître Henri Leclerc, rilasciarono una dichiarazione alla stampa, in riferimento all’articolo 180 del Codice di procedura penale, che impone al pubblico ministero di portare senza indugio i casi archiviati a una delle prossime udienze del tribunale penale. Il 3 aprile 1973, una sentenza mista condannò solo tre dei numerosi agenti di polizia responsabili delle violenze. I poliziotti ricorsero in appello e le loro condanne furono ridotte a otto mesi di reclusione sospesa e a 500 franchi da versare alla vittima. Alain Jaubert è stato giudicato colpevole di averli insultati e di essersi ribellato. Gli fu inflitta una multa di 500 franchi. Curiosamente, però, mesi dopo il tribunale gli concesse un risarcimento di 2.000 franchi. Questo caso ebbe un impatto emblematico sul dibattito pubblico sulla violenza della polizia. In tarda età Alain si scopre anche grande scrittore di narrativa. Pubblica nel 2004 il suo primo romanzo, Val Paradis, con Gallimard, vincendo il prestigioso Prix Goncourt per un’opera prima e una dozzina di altri premi letterari. Racconta il viaggio di un giovane marinaio che fa scalo a Valparaíso, in Cile, negli anni Cinquanta, una mitica città dall’altra parte del mondo, dove si mescolano bordelli e leggende, esuli e avventurieri. Rielabora esperienze autobiografiche del suo breve periodo da marinaio. Seguono numerosi altri romanzi : Une nuit à Pompéi, Gallimard, 2008; Tableaux noirs, Gallimard, 2011 ; Au bord de la mer violette, Gallimard, 2013 (Premio Éric Tabarly 2014); Sous les pavés…, Cohen&Cohen, 2018, dedicato al Maggio francese che aveva vissuto da protagonista. Alain si sentiva comunque un napoletano per sensibilità culturale e affettiva. Amava profondamente Napoli da quando ci arrivò la prima volta da marinaio diciassettenne su un piroscafo che imbarcava al Molo Beverello per le Americhe, quegli emigranti di cui non dimenticherà mai i volti. Tornava spesso in città e ogni volta saliva al Vesuvio affascinato dalla sua misteriosa e terrificante bellezza. A Sorrento, mio ospite, termina il romanzo erotico Une nuit à Pompéi che racconta di un vulcanico «ménage à trois» composto da una giovane e procace archeologa napoletana, una celebre attrice americana e un maturo giornalista francese. Il romanzo rappresenta anche una riflessione mediterranea nel senso dell’Odissea omerica, tra erotismo, conoscenza e senso della fine. Il romanzo è disponibile oltre che sul web anche in formato economico della collana Folio Gallimard, nella libreria degli scavi di Pompei ed è stato presentato da Annalisa Aruta, autorevole e brillante francesista, all’Istituto francese Grenoble di Napoli insieme allo stesso Jaubert. L’ultima volta che Alain è venuto a Sorrento, una decina di anni fa, sembrava quasi aver ricreato il clima di giocoso e colto affiatamento che si respirava sul set dei suoi film, insieme ai suoi amici, per passare il Capodanno, nella terra delle sirene, tra belle mangiate e gite archeologiche a Capri, Napoli e sul Vesuvio. Alain Jaubert era questo e molto altro e ci vorrebbe più tempo e spazio per definire il suo ruolo di intellettuale militante, di ricercatore scientifico delle arti visive, fotografo, storico, giornalista, saggista e romanziere. Sabato 15 marzo 2025, Alain Jaubert ci ha lasciato, dopo una lunga malattia, a 84 anni, in una giornata primaverile durante il weekend, quasi a non voler disturbare, nella sua delicatezza e naturale discrezione parigina. A nome mio personale e di tutti i membri dell’Associazione Culturale Palma Cappuro di Sorrento e del Centro Studi sul Teatro Napoletano, Meridionale ed Europeo e a nome di tutti gli altri amici napoletani di Alain, ci uniamo in un unico e affettuosissimo abbraccio alla moglie Marie-José e alla figlia Aurélia.