MO SE MOVE MAMMA’

di Maria PROCINO

In questo contributo si esplorano i chiaroscuri del mondo femminile nel teatro di Eduardo De Filippo, alla luce degli eventi storici del Novecento e dell’influenza sulla sua narrazione delle donne che hanno fatto parte della sua vita. È dunque un’occasione per viaggiare nel complesso universo femminile attraverso alcuni personaggi: da Concetta Cupiello, a Filumena Marturano a Gigliola Speranza, per analizzare l’attualità di queste figure che diventano simbolo della problematica femminile. 

Zia Memè: ecco ci devo pensare io. Allora vi dovete sposare una donna che
non pensa o che finge di non pensare… 
(Sabato, domenica e lunedì) 

Mo se move mammà. Alla scoperta dell’universo femminile nel teatro di Eduardo De Filippo(1)

  1. Introduzione

Pirandello tende a fare di ogni personaggio un manichino, così come sono manichini, esseri di legno e di stoffa, capziose armature mentali, i personaggi dei quadri di De Chirico. Eduardo è più semplice e più funambolo. L’origine dei suoi personaggi è nello sbadiglio delle prime ore della giornata quando si esce dal letto, si guarda fuori, ci si veste, si beve il caffè, prima di incominciare una vita senza traumi e senza pensieri, mentre poi qualcosa s’inceppa… I personaggi di Eduardo non sono mai eccezioni. Sono regole sfigurate, ferite da un non-senso, offese da una cicatrice rimasta sulla faccia di traverso(2)

Non è questa la sede per una indagine tematica e stilistica che sondi il legame di Eduardo De Filippo con Luigi Pirandello, la letteratura relativa a questo argomento è ricchissima; il rapporto con Pirandello (come del resto quello con i protagonisti del panorama futurista napoletano(3)) è fondamentale per la crescita artistica di Eduardo che, svincolandosi dal «mal di vivere» dei personaggi del drammaturgo siciliano, arriva ad una prospettiva autonoma. Cesare Garboli mette in evidenza la conditio della drammaturgia eduardiana: i suoi personaggi non sono «eccezioni» e quando pare di averli compresi, in realtà lasciano allo spettatore o al lettore un retrogusto amaro che chiede riflessione. Eduardo De Filippo, come ripeteva Luca suo figlio, nel suo teatro «imbroglia le carte»; la sua stessa napoletanità trascende: non è composizione dialettale ma lingua strutturata con caratteristiche ben precise e senza confini.

Nella vita Eduardo cresce circondato da donne non di secondo piano:la madre Luisa e Titina sua sorella, Maria Scarpetta, la scrittrice Paola Riccora, Matilde Serao che frequenta il teatro dei De Filippo, impresarie come Lisa Lisette appartenente alla famiglia Vitaliani-Duse, le mogli con le quali ha vissuto. Donne che si fanno largo sui palcoscenici, che lo sostengono nella vita privata; tra i due piani: l’Eduardo geniale drammaturgo e l’uomo, si svilupperà quindi una sottile ma precisa interferenza, un nesso stringente che contribuirà alla nascita di personaggi femminili dalla caratura psicologica ben delineata. Personaggi contraddittori a volte, ma mai sconfitti e che, nello spaccato della società in cui Eduardo li fa vivere, mettono in discussione il ruolo di un uomo ormai smarrito e fragile che troppo spesso si rifugia nell’afasia o nel silenzio. Il drammaturgo partenopeo, attento osservatore della realtà, si è posto sempre dalla parte della costruzione di una società civile e paritaria; per questo racconta sul palcoscenico, un mondo alla ricerca di una consapevolezza che ancora oggi è complicata da raggiungere visto che le donne sono state troppo tempo: «le voci sommerse dalla storia»(4). 

  1. La famiglia Scarpetta una famiglia di fine Ottocento

Per affrontare l’esplorazione artistica dei personaggi femminili eduardiani sotto una luce storica e sociologica, è necessario soffermarsi sul suo percorso umano e sulle donne che hanno fatto parte della sua esistenza, in una città come Napoli ricca di fermenti culturali nonostante le crisi economiche e politiche che l’hanno coinvolta soprattutto durante il secondo conflitto bellico che l’ha vista distrutta fisicamente e moralmente. Eduardo De Filippo nasce nel 1900 in un periodo di profonde trasformazioni, è il 24 maggio, la sua nascita verrà registrata il 26. Nasce dalla relazione di uno dei commediografi ed attori più famosi di fine Ottocento Eduardo Scarpetta e da Luisa nipote della moglie Rosa De Filippo Scarpetta. 

L’Ottocento(5) ha visto la nascita della fotografia che amplifica la coscienza del sé, del treno che spaventa ma contribuisce a unire(6), della scoperta della ginnastica che «agisce sui comportamenti; favorisce e insieme dimostra il self-government dell’individuo»(7). Sono anni di innovazioni tecnologiche applicate alle industrie che provocano aumento delle produzioni ma anche la nascita della catena di montaggio ad esempio e di modelli commerciali che sviluppano pericolosamente l’omologazione dei gusti, con l’aumento della domanda di beni di consumo. Ciò che tende a sparire nello scenario contemporaneo è l’esperienza intesa come sedimentazione del vissuto: l’esperienza come Erlebnis si contrappone all’esperienza come Erfahrung

La caratteristica forse più evidente della modernità è infatti proprio la continuità e la velocità delle modificazioni che investono l’ambiente sociale in cui gli uomini trascorrono la propria vita. Questa continuità e questa velocità sono tali che l’esperienza, che è patrimonio degli anziani, è costantemente messa fuori gioco dal mutare delle condizioni(8)

L’Italia è uno dei paesi in cui è alta la mortalità femminile e infantile che colpisce naturalmente di più le famiglie numerose(9). Malattie come tubercolosi, tifo, vaiolo, sifilide sono all’ordine del giorno; si può comprendere lo sconvolgimento profondo che viene provocato dall’igiene: a Napoli si tiene la prima Esposizione dedicata al tema(10). Le scoperte dello scienziato Semmelweis e i lavori seguenti di Pasteur miglioreranno le condizioni. E’ in questo clima che è in atto la trasformazione della famiglia che, con il passaggio da una società contadina ad industrializzata, da patriarcale rurale diventa nucleare ed urbana. «Da agenzia allargata di produzione di servizi in senso lato per i suoi componenti, in unità di consumo di beni e di fruizione del tempo libero, anche per questo più esposta a possibili fenomeni di disgregazione»(11). 

In Italia vige il Codice civile del 1865 che regola anche la filiazione(12) e non concede molto alle donne che iniziano a farsi sentire con il movimento delle suffragette: ancora è il pater familias ad avere un potere determinante. I figli sono fondamentali soprattutto per la salvaguardia dei patrimoni e, per le ragioni sovraesposte, si tende ad avere una sorta di “gineceo parentale”; la nascita della famiglia non ha come presupposto prioritario l’affettività. La famiglia Scarpetta è dunque una famiglia patriarcale(13). 

Nella primavera del 1927 il giovane Eduardo conosce una ragazza americana Dorothy Pennington(14) dolce colta intelligente è lei che inizia a tradurre le commedie per presentarle ad impresari stranieri ed agenzie(15); è lei che fa della loro casa romana un salotto dove possono incontrarsi scrittori ed attori. Dopo la separazione sarà una buona amica, vicina anche quando Eduardo perderà sua figlia Luisella. Thea(16) entra nella vita di Eduardo in anni importantissimi per il commediografo napoletano: opere come Napoli milionaria!, Filumena Marturano, Le Voci di dentro ottengono un enorme successo di pubblico e di critica in tutto il mondo. Thea è un’artista, una donna dalla spiccata sensibilità che cerca di dividersi tra la famiglia e gli impegni lavorativi, soprattutto quando suo marito le affida il non facile compito di direttrice del teatro San Ferdinando(17). La terza compagna è Isabella Quarantotti(18) una donna bellissima, scrittrice, traduttrice, sceneggiatrice, che per più di trent’anni con intelligenza e amore gli sarà accanto nel lavoro e nella vita privata. Un mondo dunque, quello di Eduardo, in cui le donne sono figure preponderanti ed incisive; anche per questo sarà sempre lontano da una staticità narrativa della percezione del mondo femminile, nelle sue opere offrirà una visione decostruita che si allontana dagli schemi maschili. 

  1. Uomo e galantuomo, Natale in casa Cupiello, Chi è cchiù felice ’e me: verso la presa di coscienza. 

Eduardo osserva la realtà, ascolta, annota, porta sulle scene attraverso ciò che appare come una vicenda quotidiana, il dolore, i desideri, la limitatezza umana, scava nelle emozioni; attraverso la risata rende universale una storia semplice che restituisce una visione metaforica del mondo. Napoli acquista una valenza quasi sacra, diviene ogni città, ogni luogo. Eduardo, scrive Strehler «si era nascosto un po’ troppo dietro le sue capacità istrioniche per cui qualcuno aveva ritenuto che la sua opera fosse piccola. Con la sua scomparsa invece, e sembra un paradosso, è venuta fuori nettamente la sua grande figura di poeta»(19).

Nel 1919 in Italia era stata emanata la legge che stabiliva le norme relative alla capacità giuridica della donna, con la quale veniva abolita l’autorizzazione maritale e stabilita l’ammissione delle donne all’esercizio delle professioni e agli impieghi pubblici, con alcune eccezioni(20), restavano negati i diritti politici. La situazione peggiora con l’avvento del fascismo; alle donne infatti venne riservato un ruolo ausiliario e subalterno. La sfera ‘alta’ della politica venne considerata idonea solo agli uomini; i ruoli affidati alle donne aderenti al PNF non venivano classificati come politici, bensì finalizzati all’organizzazione del consenso tra la popolazione femminile, erano soprattutto assistenziali(21). 

Poi via via vennero escluse sempre di più:

Dopo il 1923 la misoginia fascista venne rafforzata dal duro autoritarismo degli alleati di Mussolini provenienti dal partito nazionalista. Costoro sostenevano il criterio dell’“interesse dello Stato” cui si sarebbe dovuto subordinare ogni “particolarismo” […] Dopo il Concordato del 1929, istituzioni, personale e tradizioni della Chiesa cattolica si dedicarono al rafforzamento dell’antifemminismo fascista(22)

Nella seconda metà degli anni Venti il fascismo cercò di «cancellare dall’esperienza italiana il patrimonio femminista ed emancipazionista accumulatosi in età liberale tra le donne sia borghesi che del proletariato organizzato»(23). 

In questo clima nel 1933 il Teatro umoristico I De Filippo presenta Ho fatto il guaio… riparerò!(24) che cambierà poi in Uomo e galantuomo. Due sono i personaggi prioritari femminili: Viola compagna di Gennaro capocomico di una compagnia di guitti e Bice moglie di un rispettabile e ricco medico ma amante del giovane Alberto. Sono due figure molto particolari: entrambe incinte e sappiamo non dei rispettivi compagni/mariti. Viola è pronta a stare con Alberto quando per un equivoco pensa che l’uomo voglia sposarla.

ATTILIO: era già incinta… il bambino non è suo lo conosco chi è il padre. 

Bice è sempre più conscia della propria identità, dell’importanza del proprio sé. 

Ad Alberto che vuole sposarla si oppone: 

BICE: Dio mio, ma come sei! Ma quale mancanza! Infine, che cosa abbiamo fatto?

ALBERTO: Scusa, più di quello che abbiamo fatto, che cosa potevamo fare?

BICE: Ma tu che c’entri? […] La colpa è mia, che cosa vai cercando? 

Nessuno vuole il dramma d’onore che arriva dall’eco di Malanova che la compagnia tenta di provare(25). 

La potenza dirompente e provocatoria di questa opera è visibile nella messa in scena di qualche anno fa nei territori palestinesi(26). 

Natale in casa Cupiello(27) è un lavoro ancora più complesso. Il self made man, l’homo faber viene sostituito dall’uomo medio, il commerciante Nicolino genero di Luca: l’uomo ambizioso ma privo di esperienza da trasmettere, per il quale la donna, moglie sorella o figlia, è una proprietà. Il letto è ancora al centro della scena simbolo di condivisione matrimoniale, ma in realtà Luca si immerge nella costruzione di un presepe che lo allontana dalla famiglia, lo deresponsabilizza. 

Luca Cupiello fa il presepe, è distratto da questa cosa… non dico che non lo debba fare… lo deve fare come tutti quanti noi abbiamo piacere di farlo… Ma dovrebbe occuparsi pure dei fatti politici, dei problemi sociali, prendere parte della vita comune, interessarsi, non disinteressarsi per esempio per via del presepio(28) 

Eduardo mostra lo sfaldarsi del nucleo patriarcale proprio nel momento in cui l’ideologia fascista ne fa un pilastro della sua campagna propagandistica e parla di «italiano nuovo». 

Ninuccia, figlia di Luca Cupiello, si ribella al suo matrimonio, vuole essere l’artefice della sua esistenza, vuole amare, lei è altro ed il padre lo comprende. 

LUCA: Poi lo studio: leggeva, leggeva… tenevamo la casa piena di libri. Perché ha studiato veramente lei. Questo (indica Tommasino) è alfabetico, ma questa no, questa quando apre la bocca, parla.

Si ribella Ninuccia allo status quo, deciso dalla madre: mo se move mammà. Concetta la mater dolorosa in realtà «dittatrice passiva»(29) come la definisce Eduardo stesso, che tenta di soffocare ogni cambiamento, è già alienata. È l’incipit di una rivoluzione che contribuirà a minare la società: anche se il diritto di famiglia del 1942 concepisce la centralità della figura del padre/marito alla cui autorità tutti devono sottostare, il cambiamento sociale è in atto. In Chi è cchiù felice ’e me(30) la protagonista femminile Margherita fa un altro passo avanti nella presa di coscienza di sé contro il marito che le impedisce ogni crescita.

MARGHERITA: Ma io nun è ca te dongo tuorto. Se sape uno evita ’e guaie quanto cchiù è possibile… ma chille ê vvote te cadeno ncoppa ’e spalle senza che te l’aspiette.

Attraverso oggetti che entrano nella sua vita, attraverso un evento che non te l’aspiette, da moglie «assignata» diventa ribelle: le calze velate, il rossetto che le vengono regalati sono i media della sua evoluzione. Non è difficile oggi pensare alle donne giovani e non che quando cercano di recuperare la loro autonomia, di trovare un loro percorso identitario, sono vittime, come Elena Ceste(31) che proprio attraverso un oggetto, il computer, probabilmente stava recuperando coscienza di sé stessa, scrollandosi di dosso il ruolo di casalinga e moglie chiusa in casa e senza possibilità di opporsi, né di rinnovarsi. Gli oggetti, perdendo il significato originario o per lo meno la loro funzione d’uso, diventano piccoli fari per illuminare un’ulteriore «testimonianza di sé»(32).

  1. Da Filumena a Bonaria il rapporto uomo/donna nella rielaborazione interpretativa di Eduardo

Eduardo De Filippo crede nella capacità rigenerativa della donna, nelle sue mani il destino di una nuova società; ma la strada è lunga e ancora oggi è complicata in qualsiasi paese come ha rilevato l’attrice Emma Thompson

Penso che in qualsiasi società come quella italiana, spagnola o portoghese, dove il machismo è un fattore culturale importante, per le donne sia tutto più difficile. Avete la sindrome della donna santa o puttana, come in tutti i Paesi cattolici, ma in realtà anche nel mio. Qualsiasi donna sessualmente libera è marchiata come una sgualdrina, mentre un uomo sessualmente libero è forte (lo dice in italiano, ndr)(33). 

Gli anni dal 1948 al 1953 segnano l’inizio della trasformazione dell’Italia da paese agricolo a paese terziario più che industriale: economicamente la ripresa è difficile e lenta, il tasso di analfabetismo e quello di disoccupazione sono elevatissimi. Durante il periodo del “miracolo economico”, in una condizione di maggior benessere per strati sempre più ampi della popolazione, gran parte continua a vivere nell’indigenza e nella scarsa scolarizzazione. 

Non è più il tempo della vita patriarcale, quando era un fatto normale che i membri di tre generazioni vivessero insieme nella stessa casa, e se in teoria è commovente pensare a questa continuità della famiglia, con i vecchi che conservano fino all’ultimo la loro autorità, e i giovani che stavano in una posizione subordinata […] siamo certi che anche allora […] la vita di tutti i giorni non scorreva certo serena e rosea(34)

Nel 1970 verrà introdotto il divorzio, nel 1975 con la riforma del diritto di famiglia sparirà, almeno sulla carta, la potestà maritale; eliminato il delitto d’onore c’è una reciprocità dei diritti e dei doveri. Se da un lato i movimenti femministi sposteranno l’attenzione sul riconoscimento di una identità non subordinata, dall’altro la maggioranza degli uomini di qualsiasi classe sociale, farà fatica ad emanciparsi ad abbattere barriere sociali e culturali. Entrano in crisi i modelli tradizionali maschili stereotipati ma non c’è un reale cambiamento radicale. Eduardo anticipa ancora una volta tutte le problematiche che si scateneranno di lì a poco. 

Le ho presentate sempre come delle oppresse. La Filumena l’ho resa vittoriosa, alla fine, nei confronti di Domenico, questo oppressore di uomo, questo gallo. In Chi è cchiù felice ’e me ho presentato nel 1931 questa donna che scappa di casa. Scappa da questo incubo, da questo uomo che vuole essere felice per forza e che ha stabilito che lui ha potere di poter essere felice comunque. E invece non è vero, la felicità non dipende dai caratteri, dipende dalla civiltà(35) 

E a ben guardare, in molte delle opere continueranno a coesistere personaggi femminili significativamente diversi, antagonisti eppure facce della stessa medaglia.  Partiamo da Napoli milionaria(36) sono tre le donne principali: Amalia potente figura che accoglie tutte le contraddizioni, le paure, le fragilità, la forza femminile. Maria la figlia che nella speranza di una vita diversa, si ritrova incinta e Rituccia che nella commedia è metafora del futuro di un Paese che può essere salvato da una sola medicina: la cultura. In questa storia nemmeno Gennaro però si salva da mille incoerenze: come Luca Cupiello evita la responsabilità della famiglia/società, non agisce, continuando a vivere nel suo tramezzo, mentre il letto che in Natale il pubblico vedeva ancora al centro della scena, ora è alla sua sinistra. Divenuto oggetto/contenitore perde ogni significato rituale: non è più il talamo coniugale di Ulisse e Penelope, ma un testimone del mercimonio, della distruzione morale ed etica. Solo quando torna in una famiglia in cui l’arrembaggio bellico ha dissolto qualsiasi valore, Gennaro prova a agire, memore di quanto ha vissuto; ma la memoria se non dissodata dalla cultura, tende a sparire: Gennaro si farà ricostruire il tramezzo, quindi di nuovo separato dagli altri. Non è un caso che Eduardo cancellerà dalla versione lirica del 1977 la frase finale adda passà a nuttata che nel clima dell’Italia travolta da crollo economico e terrorismo non avrebbe avuto senso. 

La crisi dell’uomo in Eduardo De Filippo la ben intuisce Raffaele La Capria quando scrive: 

Pasquale Lojacono, protagonista di Questi fantasmi!, è davvero l’anima in pena, stralunata e innocente, di un napoletano che non sa come fare a campare, o è anche la figura ambigua e insondabile di un uomo del Novecento che ha smarrito ogni senso della realtà?(38)

E proprio in Questi fantasmi!(39) torna l’ombra di Concetta: Armida moglie di Alfredo, vuole caparbiamente proteggere un modello femminile e familiare ormai obsoleto. 

ARMIDA: Cosa voleva? Cosa cercava? Cosa altro potevo fare per lui? Non gli facevo mancare nulla… 

In tale opera è Maria la giovane moglie dell’ambiguo illuso Pasquale Lojacono che fa un ulteriore passo avanti: nella regia di Marco Tullio Giordana e di Carolina Rosi(40) si allontana da sola, prevale in lei la volontà di rinnovarsi, senza la presenza né del marito né dell’amante, entrambi rimasti nel pantano delle loro ingannevoli certezze. 

Con Filumena Marturano(41) la protagonista è una prostituta, una madre certo ma una donna che ha compreso il potere delle leggi e vuole ostinatamente raggiungere gli obiettivi posti dai modelli della società precedente e penetrati, grazie alla propaganda e ad un controllo capillare, anche nelle classi più povere. Il momento di spannung che si crea tra lei e Domenico porta ovviamente alla katastrophé nella vicenda.

Filumena/Medea (come suggeriva lo stesso Eduardo) porta avanti il lavoro, il negozio ma aspira al matrimonio, vuole la rispettabilità di un cognome, e lei che non sa cosa vuol dire piangere, crea un ricatto attraverso i figli e versa le sue prime lacrime solo quando arriva a quella meta: «Filumena Marturano è la commedia della castrazione, nella duplice accezione del termine commedia. […] La castrazione è allo stesso tempo la posta in gioco e lo spazio simbolico del conflitto fra la potenza della donna e il potere dell’uomo(42). 

Non è possibile analizzare il processo di perdita, di confusione della figura maschile che Eduardo racconta senza pietismi e spesso offrendo una spietata visione di un uomo che non riesce a vivere una reale metamorfosi scegliendo l’incomunicabilità maschile, alla possibilità di un effettivo processo evolutivo: l’incubo del Gregor Samsa kafkiano. In Mia famiglia(43) il padre/marito come altri personaggi maschili si rifugia nel silenzio che riveste di alibi morali, etici, ma che in realtà svela la sua colpevole incapacità di agire e rinnovarsi. Una famiglia apparentemente serena è invece allo sbando: Elena è una donna confusa in un labirinto insidioso non riesce a governare una diversa qualità della vita. Sua figlia ancora peggio: di nuovo nel tentativo di fuggire, una giovane donna cade nella realtà di un rapporto violento mentendo agli altri e a sé stessa. C’è un’istanza certo che l’autore condivide: «che i genitori tornino a farsi guida morale dei figli, che i figli prendano in mano con più energia le redini della loro esistenza, che si riallacci un legame con valori e modelli culturali troppo sbrigativamente accantonati»(44). 

Infine uno sguardo a Gli Esami non finiscono mai messa in scena negli anni settanta, in realtà il processo di incubazione deve essere retrodatato. Il titolo si incide suggestivamente nell’immaginario del pubblico, diviene fortemente evocativo anche per chi non conosce la commedia. Il narratore è il personaggio principale Guglielmo Speranza: lo spettatore entra nella sua vita nella storia e nella Storia della società ma il suo, a ben guardare, rischia di sembrare una sorta di avertissement de l’auteur: non dice tutta la verità nonostante lo statuto del narratore sia autodiegetico. Toglie e mette le barbe si pone su un falso piedistallo lui stesso, perché ancora non ha il coraggio di cambiare di assumersi le sue responsabilità. In una società nella quale si fanno sempre più rilevanti i dettami dell’usa e getta, il soddisfacimento del bisogno personale diventa il principio su cui imperniare la propria etica ormai anestetizzata. 

Il coraggio è ancora una volta trasferito nelle mani di due donne, ancora una volta diverse ma in fin dei conti complementari: Gigliola e Bonaria(45). 

Nel mettere a confronto le due donne, la commedia mette in scena i due poli tradizionalmente opposti della femminilità nella figure di Bonaria e di Gigliola. La prima, il cui nome è chiaramente allegorico, è simbolo di purezza, onestà e generosità, malgrado le sue origini. Il nome “Gigliola”, per contro ha un tono sarcastico. Si riferisce all’immagine del “giglio” che nell’iconografia cristiana è simbolo di purezza, ma è associato ad una donna che, come si vedrà, è anche un’adultera. Bonaria, come Filumena Marturano, viene dai bassi e la sua infanzia si rivela molto simile a quella di Filumena, come la donna rievoca in un discorso che riporta alla mente il grande personaggio che l’ha preceduta(46) 

Se l’Enrico IV di pirandelliana memoria si finge pazzo per sfuggire alle imposizioni di una società ipocrita e conformista, Guglielmo si fingerà muto per evitare scelte, per evitare decisioni. Anche lui come Luca Cupiello preferisce morire

se ne va con le sue colpe lasciandosi alle spalle lo spettacolo di un gruppo familiare in sfacelo ed è su questo che si rivolge l’ultimo sguardo del pubblico. La famiglia che Guglielmo lascia, non è quella tragicamente divisa di Luca Cupiello, è una caricatura di sé stessa, riflessa nelle espressioni dei personaggi congelati in vuote espressioni di dolore. Qui non ci sono né le speranze di Gennaro Jovine che possa ‘passare la nottata’ e che alla fine ci sia un’alba migliore, né le illusioni disperate di Pasquale Lojacono che sarebbe sceso a qualsiasi compromesso per tenersi la moglie. Gli esami non finiscono mai dimostrano che la nottata è passata ma il nuovo giorno non ha portato a nulla(47) 

Eppure ancora una volta le «regole sfigurate» eduardiane ritrovano il filo della speranza di un giorno nuovo: Così come nella sua prima regia teatrale dopo la guerra, in Napoli milionaria! la medicina è affidata nelle mani di Amalia, anche nella sua ultima regia cinematografica Spara forte, più forte… Non capisco!(48), consegna ad una donna la speranza nel futuro. Qui ancora ritroviamo una giovane prostituta, stavolta torinese che viene a Napoli e si troverà coinvolta nella vicenda e nei sogni di Alberto che nel film è un artista. L’incendio causato dagli spari di Zi Nicola brucerà tutto uccidendo anche lui distruggendo quel mezzanino in cui viveva al di sopra di tutto e tutti con la presunzione della verità, allontanandosi, ancora più di Gennaro Jovine, dalle responsabilità, scappando anche lui come Guglielmo Speranza e Alberto Stigliano nel silenzio. E il silenzio, come ribadirà Luca De Filippo in un intervento agli studenti, è pericoloso: chi sta zitto apre le porte ad un modus vivendi mafioso. 

L’ultima sequenza del film vedrà la giovane donna e Alberto pronti ad andare via, lasciandosi il passato alle spalle; il sidecar è guidato da lei, perché le donne finalmente sono «oggi più consapevoli dei propri diritti e dei propri doveri, meno disposte a essere mogli nel senso tradizionale»(49). Negli anni Settanta Eduardo avrà in mente una trilogia che avrebbe dovuto comprendere: Filumena e due novità Angela Pace e Teresa Triunfo. A Giorgio Prosperi confesserà il progetto di una storia: La più semplice storia, la vicenda di una donna che insegna ad un uomo ad amare.


 1) Il saggio parte dalla conferenza che chi scrive ha tenuto il 6 ottobre 2023, dal titolo Mo se move mammà L’evoluzione dei personaggi femminili nel teatro di Eduardo De Filippo, presentata nella sede Fondazione Eduardo De Filippo a Napoli. Mo se move mammà è una delle battute del personaggio di Ninuccia in Natale in casa Cupiello.
2) C. Garboli, L’incubo della misantropia, in «Corriere della sera», 21, luglio 1977.
3) Cfr. M. Procino, Eduardo futurista in tre atti, Napoli, gli anni Venti, i fermenti di una stagione accesa. E la giovinezza febbrile di un mostro sacro del teatro, “Prometeo”, a 40, n. 157, marzo 2022.
4) M. Zancan, Il doppio itinerario della scrittura. La donna nella tradizione letteraria italiana, Torino, Biblioteca Einaudi, 1998, p. XII.
5) Nel 1895 i Lumiere inventano il cinema, nel 1896 Marconi brevetta il telegrafo senza fili, Marie Curie nel 1903 riceve il premio Nobel per le scoperte sulla radioattività; nel Regno Unito nascono i movimenti femminili per il voto alle donne nel 1912 l’Italia approva il suffragio universale maschile. «Dobbiamo ricordare che l’Ottocento è il secolo della riscoperta del corpo e dell’igiene che migliorò moltissimo lo standard di vita. Mentre nel 1801 la durata media della vita era di 30 anni, nel 1850 è di 38 anni per gli uomini e di 41 per le donne; nel 1913 di 48 per gli uomini e di 52 per le donne». A. M. Fugier, I riti della vita privata nella borghesia, in La vita privata. L’Ottocento, a cura di P. Ariés G. Duby, Bari, Laterza, 1988, p. 204. Ma la crisi dell’individuo è ben delineata dal nuovo rapporto con la morte che l’uomo tende ad allontanare dalla propria vita, a nasconderla. «L’uomo del secondo Medioevo e del Rinascimento […] teneva a partecipare alla propria morte, perché vedeva in essa un momento eccezionale in cui la sua individualità riceveva la forma definitiva. […] Ora a partire dal XVII secolo ha cessato di esercitare l’esclusiva sovranità sulla propria vita e di conseguenza sulla propria morte». P. Ariés, Storia della morte in Occidente, Milano, Rizzoli, 1978, p. 195.
6) «La ferrovia ci ha insegnato ad avere maggior stima del tempo, ad essere più ordinati e più esatti […] ai pochi paurosi che non viaggiano in ferrovia che per estrema necessità dirò solo: 1a. che l’effetto delle ferrovie sulla pubblica salute è in generale dei più benefici; 2a. Che gli accidenti di ogni natura nelle ferrovie sono molto inferiori in numero a quelli che si avevano cogli antichi mezzi di locomozione; 3a. che la loro influenza sulla salute degli impiegati è delle più soddisfacenti». P. Mantegazza, Enciclopedia igienica popolare. L’igiene del movimento, Milano, Brigola, 1871. pagg. 43-4.
7) A. Corbin, Sussurri e grida, in La vita privata. L’Ottocento cit.,p. 484-485. Scrive Francesco De Sanctis: «Sì mia cara Virginia; i più dolci sentimenti, compreso l’amore dello studio, non debbono essere portati fino all’estremo; la forza d’animo nobilita la sensibilità e la rende non un cieco istinto, ma una rara virtù. Divertiti; bada alla tua salute; fa delle spesse passeggiate; godi l’aria e il sole», Francesco De Sanctis, lettera a Virginia, Zurigo 17 aprile 1856, in Francesco De Sanctis, Lezioni di scrittura, a cura di F. Cacciapuoti, Roma, Donzelli, 2001, p. 7.
8) P. Jedlowski, Memoria, esperienza e modernità. Memorie e società nel XX secolo, Milano, FrancoAngeli, 2007, p. 17.
9) Nel 1887 la mortalità infantile era del 200 per mille. «L’alimentazione dei bambini meridionali era fondata su pane bollito nell’acqua e condito con grassi animali e olio. […] Nel 1884 il 13,8% dei comuni non provvedeva in alcun modo alla pulizia della strade e il 77,5% era privo di sistema fognario. […] tra i 185.000 giovani visitati per l’arruolamento nell’esercito oltre il 10% era stato riformato perché non raggiungeva la statura minima e un 18% per altre cause, fra le quali ernie viscerali, gobba voluminosa, gibbosità, vizi di forma del torace, deformazione delle ossa delle pelvi». R. Bassetti, Storia e storie dello sport in Italia. Dall’Unità ad oggi, Venezia, Marsilio, 1999, p. 44.
10) L’Esposizione nazionale d’Igiene, è inaugurata a Napoli nella Villa Reale (oggi Comunale) il 9 maggio 1900, con la costruzione di sette padiglioni principali, anche di grandi dimensioni e di chioschi per offrire al pubblico una serie di informazioni. L’iniziativa era stata promossa dal Comitato della Lega contro la tubercolosi che aveva organizzato il suo congresso al Teatro San Carlo di Napoli, il 25 aprile dello stesso anno. Cfr. F. Barbagallo, Napoli Belle Epoque, 2018; https://napoli.repubblica.it/cronaca/2015/10/26/news/quando_napoli_ebbe_expo_1900_cosi_l_italia_scopri_l_igiene (url al 21 novembre 2023)
11) M. Cavallo, Ragazzi senza. Disagio, devianza e delinquenza, Milano, Bruno Mondadori, 2002, p. 45.
12) Il codice civile del 1865 è detto anche Codice Pisanelli dall’allora ministro di grazia e giustizia Giuseppe Pisanelli è il primo codice civile del Regno d’Italia sostituendo le leggi e i codici degli stati preunitari. Cfr. https://www.sba.unifi.it/p570.html (url al 13 novembre 2023). Art. 179. Il figlio naturale può essere riconosciuto dal padre e dalla madre tanto congiuntamente, quanto separatamente. Art. 180 Non possono però essere riconosciuti i figli nati da persone di cui anche una soltanto fosse al tempo del concepimento legata in matrimonio con altra persona. I figli nati da persone fra le quali non poteva sussistere matrimonio, per vincolo di parentela. O di affinità in linea retta in infinito, o per vincolo di parentela in linea collaterale nel secondo grado. Art. 183 Il figlio naturale di uno dei coniugi, nato prima del matrimonio e riconosciuto durante il medesimo, non può essere introdotto nella casa coniugale, se non col consenso dell’altro coniuge, salvochè questi avesse già prestato il suo consenso al riconoscimento. Art. 184. Il genitore che riconobbe il figlio naturale, ne ha la tutela legale durante la minore età. Se il riconoscimento fu fatto da ambidue i genitori, la tutela compete di preferenza al padre. Art. 189 Le indagini sulla paternità non sono ammesse, fuorchè nei casi di ratto o di stupro violento, quando il tempo di essi risponda a quello del concepimento. Art. 490. Le indagini sulla maternità sono ammesse. (Titolo VI Della filiazione. Capo III Della filiazione della prole nata fuori di matrimonio e della legittimazione. Sezione I della filiazione della prole nata fuori di matrimonio. Sezione II della legittimazione dei figli naturali. Art. 195. Non possono essere legittimati per susseguente matrimonio, né per decreto reale i figli che non possono essere legalmente riconosciuti. Codice civile del Regno d’Italia corredato della relazione del ministro guardasigilli fatta a S.M. in udienza del 25 giugno 1865, Torino -Firenze, 1865, pagg. 32-9. https://www.giustizia.it (url al 12 novembre 2023).
13) Dal matrimonio con Rosa De Filippo nasce Vincenzo (1877-1952), Scarpetta riconosce Domenico (1876-1946) figlio di Rosa, e Maria (1891- 1949) che ha avuto da Francesca Giannetti maestra di musica. Sarà padre anche di Eduardo (1900-1972) e Pasquale (1903-1968) avuti da Anna De Filippo, mentre da Luisa nipote di Rosa nasceranno Titina (1989-1965), Eduardo (1900-1984) e Giuseppe (1903-1980). 
14) Prima moglie di Eduardo De Filippo Dorothy nasce a Philadelphia il 19 gennaio 1905; appartenente alla borghesia americana, vive a Napoli e Roma. Proprio nel capoluogo partenopeo nella primavera del 1927 conosce Eduardo; il 10 dicembre del 1928 si sposano nella chiesa evangelica di Roma, il 12 la cerimonia civile. L’unione entrerà in crisi già nel 1938. Nel 1952 a San Marino il matrimonio verrà dichiarato nullo.
15). «Sono felice di leggere che continui a mietere successi, ed anche contribuisci ai legami colla… America Latina. Però ho il vago dubbio che la Stefani non dice – una volta tanto! – tutta la verità; e che almeno un po’ il merito della traduzione vada alla tua Signora». Gabinetto Vieusseux Firenze, Archivio contemporaneo, Fondo Eduardo De Filippo  Corrispondenza, lettera di C. Galiberti a E. De Filippo, Shangai 20/06/1941.
16) Enrichetta Thea Prandi nasce ad Alba il 25 novembre 1925, attrice, debutta nel 1944 nella compagnia Galli-Spadaro-Viarisio, recita poi nelle riviste: Un anno dopo con Totò; Cantachiaro  e Oggi sciopero di Nelli e Mangini. Insieme a Isa Bellini e a Wilma Mangini, crea il Trio Primavera, un gruppo vocale formatosi all’interno dell’EIAR come imitazione «autarchica»del più famoso Trio Lescano. Il trio partecipa al film L’allegro fantasma con Totò (1941, regia di Amleto Palermi) e Una famiglia impossibile (1940, regia di Carlo Ludovico Bragaglia). Thea conosce Eduardo nell’estate del 1946 e lo rivede a Roma una sera dell’anno seguente quando entra nel suo camerino dopo la rappresentazione all’Eliseo di Questi fantasmi! Eduardo e Thea si sposano a Torino il 2 gennaio 1956.  Dalla loro unione il 3 giugno 1948 nasce Luca, il 26 ottobre 1949 Luisa che muore all’età di 11 anni il 4 gennaio 1960. Thea la cui salute era già minata da una malattia, si aggrava dopo la scomparsa della figlia e muore l’8 giugno 1961. Nonostante fossero già separati Eduardo aveva deciso di tornare con lei per starle accanto, anche se nella sua vita era entrata un’altra donna, Isabella Quarantotti che gli sarà vicino in questi anni complicati.
17) Il teatro viene inaugurato il 22 gennaio 1954 con lo spettacolo La palummella zompa e vola di Antonio Petito.
18) Isabella Quarantotti nasce a Chieti il 3 marzo 1921 da Carlo Quarantotti e Giulia Mattioli cugina di Raffaele Mattioli presidente della Banca commerciale. Frequenta per due anni l’Università a Napoli iscrivendosi prima a filosofia e poi a legge. A 19 anni incontra Felice Ippolito dal quale avrà una figlia Angelica che diventerà attrice teatrale e cinematografica di successo. Il 3 gennaio 1977 Eduardo e Isabella decidono di sposarsi. Nel 1984 Eduardo muore. Isabella continuerà a lavorare, attenta alla valorizzazione del patrimonio culturale di Eduardo e portando avanti la lezione morale e l’impegno civile fino alla sua morte il 15 febbraio 2005.
19) A. Manzi, Io, Eduardo e il mondo, intervista a Giorgio Strehler, «Il Mattino», 17 gennaio 1991.
20) Cfr. legge n. 1776 del 17 luglio 1919 https://www.senato.it/application/xmanager/projects/leg19/file/446_1919.pdf. (url 22 novembre 2023); M. Severini, In favore delle italiane. La legge sulla capacità giuridica della donna (1919), Venezia, Marsilio Editore, 2019. 
21) P. Dogliani, Il fascismo degli italiani. Una storia sociale, Utet, 2008, Druento (To), p. 74.
22) V. de Grazia, Il patriarcato fascista, in G. Duby, M. Perrot, Storia delle donne. Il Novecento, a cura di F. Thébaud, Bari, Laterza, 2007, p. 151.
23) P. Dogliani, Il fascismo degli italiani, cit., p. 76.
24) La commedia va in scena con Vincenzo Scarpetta nel 1926. Con il nuovo titolo, il teatro umoristico la presenta al teatro Sannazaro di Napoli il 23 febbraio 1933. Il giovane Alberto ha una relazione con Bice che resta incinta ma gli nasconde che è sposata. Deciso ad assumersi le sue responsabilità riesce a trovare casa della donna ma scopre la verità. Per salvarsi si finge pazzo ma smascherato dal povero Gennaro capocomico di una compagnia di guitti che vive grazie ad Alberto in un albergo in vista di una recita che stanno preparando, viene poi salvato proprio da Bice che svela la relazione di suo marito con un’altra donna e che quindi non può più valersi sull’avversario.
25) Malanova, dramma di Libero Bovio rappresentato nel 1902 al teatro Mercadante di Napoli, dalla compagnia di Federico Stella, racconta la storia di Rusella sedotta e abbandonata e del fratello che uccide il seduttore.
26) Uomo e galantuomo in scena a Ramallah nel 2019 tradotta in dialetto palestinese. Afferma il regista Ihab Halawa: «Eduardo De Filippo fa del suo teatro una denuncia sociale: in Uomo e galantuomo parla dell’orgoglio, della pazzia, dell’apparenza nella società: sono dei temi adattabili nel mondo arabo». https://cmc-terrasanta.org/it/media/terra-santa-news/18512/la-commedia-napoletana-di-eduardo-de-filippo (url al 20 novembre 2023).
27) Nata come atto unico, messa in scena il 25 dicembre 1931 al teatro Kursaal di Napoli e vietata ai minori di 16 anni,  quest’opera nella versione in tre atti viene rappresentata per la prima volta al teatro Mercadante di Napoli nel 1936. Luca Cupiello vive con la moglie Concetta ed il figlio nullafacente Tommasino. La figlia Ninuccia, sposata ma in crisi con il marito, ha un amante, Vittorio. Luca ogni Natale si dedica alla preparazione del presepe che però il figlio considera superato. Quando le tensioni scoppieranno e Luca saprà la verità, crollerà distrutto da una paralisi che lo porterà alla morte.  Cfr. A. Ottai, Come a concerto, Il teatro Umoristico nelle scene degli anni trenta, Roma, Bulzoni, 2002; A. Barsotti, Eduardo: il romanzo teatrale delle “cantate”, Roma, Bulzoni, 2023.
28) A Lubrano, Il mio Natale, «Radiocorriere Tv», n. 52, 25-31 dicembre 1977, p. 17. 
29) Ibidem.
30) La commedia scritta nel 1929 è messa in scena nel 1933 al Piccinni di Bari. Vincenzo vive una vita quieta senza scossoni chiuso nella sua turris eburnea, non vuole problemi. Eppure questi arrivano con un uomo giovane, con i regali che farà a sua moglie Margherita, la scena finale che li vede abbracciati baciarsi appassionatamente, mentre Vincenzo invece di reagir,e chiude la porta ai vicini curiosi.
31) La donna scompare il 24 gennaio 2014, il suo corpo senza vita è ritrovato qualche settimana dopo senza vestiti ultima beffa alla sua volontà di ritrovarsi come persona (https://www.poliziapenitenziaria.it/michele-buoninconti-lomicidio-di-elena-ceste/ url al 20 novembre 2023). 
32) Cfr. F. Orlando, Gli oggetti desueti nelle immagini della letteratura. Rovine, reliquie, rarità, robaccia, luoghi inabitati e tesori nascosti, Torino, Einaudi, 1994.
33) Emma Thompson ai giornalisti presenti a Venezia, ospite d’onore ai Diane von Furstenberg Award 2023, alla Fondazione Cini, per i premi che celebrano la solidarietà femminile (https://www.vanityfair.it/article/emma-thompson-donne-italia-sante-puttane-sessismo-weinstein, (url al 19 novembre 2023).
34) È possibile salvare questo matrimonio? Vita con i suoceri, «La cucina italiana», n. 4, a. VIII, aprile 1959, p. 330.
35) P. Calcagno, Eduardo e il suo teatro in «Illustrazione italiana», n. 15, a. IV, febbraio marzo 1984, pp. 17-25. 
36) Amalia e suo marito Gennaro Jovine vivono in un basso con i loro figli Amedeo, Maria Rosaria e Rituccia. C’è la guerra e Amalia riesce a sopravvivere e ad arricchirsi con la borsa nera. Gennaro verrà catturato dai tedeschi, al ritorno troverà tutto cambiato dopo lo sbarco degli Alleati. I figli sono allo sbando, Amalia è sempre più spietata. Rituccia la più piccola si ammala gravemente: sarà un ragioniere a cui Amalia aveva preso tutto riducendolo al lastrico insieme alla famiglia, a donare alla donna la medicina che forse potrà salvare la bambina. La commedia viene rappresentata per la prima volta il 25 marzo 1945 al Teatro San Carlo di Napoli in occasione di una matinée di beneficenza.
37) L’opera è presentata al Festival dei Due Mondi di Spoleto il 22 giugno 1977, musiche di Nino Rota.
38) R. La Capria, Introduzione, in Gli esami non finiscono mai, edizione speciale per il «Corriere della Sera», pubblicata su licenza di Einaudi, Milano, RCS, 2003.
39) Pasquale Lojacono è ormai da tempo senza lavoro, gli viene offerto gratuitamente un grande appartamento dove vivere con la moglie Maria per sfatare la diceria che sia infestato dai fantasmi. Il suo intento è trasformare l’abitazione in un albergo in modo tale da riconquistare la stima e l’amore di Maria. Lei però ha un amante, Alfredo, sposato con figli, che cerca di convincerla a fuggire con lui. L’albergo si rileva un fallimento, Pasquale credendo Alfredo un fantasma, lo implorerà di aiutarlo, per non perdere sua moglie. La commedia scritta nel 1945 debutta al teatro Eliseo di Roma il 7 gennaio 1946.
40) Questi fantasmi!, regia di Marco Tullio Giordana, con Carolina Rosi e Gianfelice Imparato, stagioni 2016-2018.
41) Filumena è un’ex prostituta ha tre figli e per crescerli accetta di vivere con Domenico Soriano un suo ex cliente e di portare avanti l’attività lavorativa dell’uomo. Domenico continua ad essere un ricco donnaiolo. Dopo trent’anni Filumena decide con un inganno di farsi sposare, ma quando Domenico, scoperto l’imbroglio e fa dichiarare il matrimonio nullo, lei gli rivela che uno dei figli è suo. Gli restituisce i soldi di quella notte perché i «figli non si pagano». L’uomo dopo inutili tentativi di capire chi sia suo figlio si rassegna, e la sposa. L’opera debutta al teatro Eliseo di Roma l’8 gennaio 1947.
42) M. Grande, Dodici donne. Figure del destino nella letteratura drammatica, Roma, Bulzoni, 2010, p. 146.
43) Elena è una donna che vive fuori casa e perde molto denaro con il gioco, il marito Alberto Stigliano ha un’altra storia e sembra vivere in casa in rassegnata ma amara indifferenza. Il figlio Beppe, aspirante attore, cerca in ogni modo e con amicizie poco raccomandabili, di fare strada, mentre la sorella vive nel personaggio di ragazza spregiudicata, non comprendendo il reale significato di emancipazione. Il debito di gioco che Elena dovrà confessare ad Alberto, il sospetto di omicidio che cadrà su Beppe, la crisi tra Rosaria ed il suo fidanzato, farà venire allo scoperto tutte le contraddizioni ed il malessere. Quando la famiglia va a rotoli, i due si ritrovano nella cauta guardinga speranza di un modo diverso di vivere insieme. Prima rappresentazione al teatro Morlacchi di Perugia il 16 gennaio1955
44) P. Quarenghi, Mia famiglia in Eduardo De Filippo Teatro, vol II, Milano, Mondadori I Meridiani, 2005, p. 1353.
45) Con Bonaria Eduardo sfiora il problema della violenza sessuale sui bambini, la prostituzione minorile che verrà affrontato solo anni dopo. 
46) D. Fischer Il teatro di Eduardo De Filippo la crisi della famiglia patriarcale, London, Modern Humanities Research Association and Maney Publishing, 2007 p. 154.
47) Ivi, p. 163.
48) Spara forte, più forte… Non capisco!, regia di Eduardo De Filippo, (Italia, 1966) con Marcello Mastroianni, Raquel Welch. 
49) Eduardo: NO anche a nome dei ‘giovani’, «L’ora», 7 marzo 1974. Eduardo si schiera contro l’abrogazione della legge sul divorzio.