Foto di Filippo Manzini

Se il Re, oltre che nudo, è anche una canaglia… Nella geniale opera di Massini, la leggenda cartonata dell’uomo più potente – e pericoloso- della Terra

Foto di Filippo Manzini

di Gabriella NOTO

È un pomeriggio abbastanza scalmanato al Teatro Bellini di Napoli, c’è quell’aria inconfondibile degli eventi attesi e considerati: posti introvabili da quale settimana, una notevole folla che sciama tra il foyer e l’atrio già un’ora prima dello spettacolo.

Il “Golden boy” di Stefano Massini è accolto in cartellone con grandissimo calore da parte del pubblico napoletano.

Il sipario è già aperto innanzi alla platea. Grigi gradoni pietrosi e asimmetrici dominano il palco innanzi a un fondo bianco e uniforme.

Sarà un quartetto jazz di eleganza retrò a introdurre la storia e ad accompagnarla, raccontandola insieme al mattatore insuperabile di questa “opera”. Le virgolette non sono un vezzo dell’autrice, dal momento che sin dalla prima battuta Massini – Narratore dirà: «Una chanson de geste, una farsa, una commedia … non so cosa sia quello che vi racconterò».

Ed in effetti è molto difficile restringere in un canone questa fantasmagoria accesissima di luci e suoni. Una sorta di circo equestre dell’esistenza umana.

Massini narratore divertito e garbatissimo, racconta l’ascesa e le multiple cadute di un ragazzo qualunque, il figlio di un palazzinaro del Queens, che avrebbe potuto avere una vita come tante. Ma nemmeno la più tenera infanzia fa presagire che “il piccolo caro Donald J.” possa avere una vita felice e anonima (con buona pace di tutti noi). La passione per la truffa, un insensato culto di sé, un’avidità smodata e deficiente, da vero re Mida moderno, sono queste le sole e uniche “qualità” di un uomo che ha fatto di sé stesso la più solida e riuscita delle sue bugie.

Sì, perché nell’ascesa roboante, che Massini racconta superbamente, la più crassa e gigantesca bugia, la truffa micidiale è la vendita che Trump fa di sé stesso al mondo. 

La messa in scena, frutto di una poetica registica davvero riuscita, sbatte in faccia allo spettatore una balla colossale più fasulla di quanto non sia fasulla qualsiasi opera teatrale: le sagome gigantesche di cartone lucente, che emergono dal palco e in un istante crollano, le luci da pista circense, il quartetto di musicisti e le sue musiche, patinati come in una cartolina vintage. Infine, il tono affabile e allegro del narratore, il suo sorriso perenne da imbonitore, i suoi grandi gesti ossequiosi.

In questo scenario da luna park, il mito del self-made man, del grande manager, dell’imprenditore spregiudicato e visionario, appare identico ai grattacieli di cartone sul palco: una facciata grossolana, che nasconde un uomo mediocre, un figlio di papà ottusamente mitomane aggrappato a loschi figuri, autentici manovratori del suo successo.

Scanzonatissimo, martellante nel ritmo e tessuto con sapienza con le musiche suonate dal vivo, “Donald” ricorda più di tutto un’affollata pista del circo. 

Massini, narratore sopra le righe, introduce una dopo l’altra le incredibili figure che hanno affiancato il prodigioso Golden Boy, star indiscussa della serata, ed i suoi incredibili numeri. 

E così, mentre sul palco, il fulgido impero Trump spunta dal nulla e crolla materialmente in un boato fragoroso, in fallimenti e bancarotte che si susseguono una dietro l’altra, nell’accumularsi di reati e processi, il più inquietante “freak” di tutti i tempi, escogita il suo numero più scoppiettante: quella candidatura a Presidente degli Stati Uniti che lo ha portato a diventare il più pericoloso elemento di destabilizzazione della politica mondiale dal dopoguerra ad oggi.

La messa in scena di Donald è un’epopea di difficile collocazione, uno sberleffo colossale, colorato e inquietante nella sua attualissima verità ed insieme un accorato appello alla coscienza civile. 

Massini porta avanti da anni, con talento e passione, in felice sodalizio con artisti di grandissimo spessore, una poetica di denuncia totale delle menzogne e dei soprusi del potere, fortemente concentrata su alcuni dei più scandalosi personaggi americani. 

Nelle sue opere, mosaici compositi di leggenda e realtà, cronache familiari, giornalistiche e giudiziarie, la rappresentazione teatrale accade in aspra frizione con la realtà di cui diventa sberleffo, critica aperta, coraggioso atto di denuncia. Coraggio che gli è valso grandissimi riconoscimenti (è l’unico italiano ad aver vinto un Tony Award, con la sua “The Lehman Trilogy”) ma anche difficoltà nello svolgimento del suo incarico quale Direttore del Teatro della Toscana.

Lunghissima ovazione del pubblico per quest’ opera resa spettacolare dalla regia e dalle scene di grande impatto, scritta e interpretata con una passione ed un talento da assoluto fuoriclasse.

Foto di Filippo Manzini

DONALD
Storia molto più che leggendaria di un Golden Man

Teatro Bellini – Napoli
21-26 ottobre 2025
di e con Stefano Massini
scene Paolo Di Benedetto
disegno luci Manuel Frend
costumi Elena Bianchini
musiche Enrico Fink
eseguite da Valerio Mazzoni, Sergio Aloisio Rizzo, Jacopo Rugiadi, Gabriele Stoppa
produzione Fondazione Teatro Della Toscana

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