La Vacca di Elvira Buonocore. L’ irriducibilità del Desiderio, tra margine, potere e negazione

di Gabriella NOTO

Cosa è oggi il margine? Come si vive e cosa accade lontano dal “centro”? 

Donata è un’adolescente, elettrica e tenerissima, piccolo corpo fremente e molesto. Questa ragazzina non ha nulla e, peggio, non le è mai accaduto nulla. L’unica relazione che intrattiene è quella con suo fratello Mimmo. Entrambi sono abbandonati in una periferia “ingiallita”, uno squallore di vuoto imbalsamato e indefinibile, la stanza dove abitano appare sospesa in un buio squarciato da luci tese.

È una fratria complicata quella tra Donata e Mimmo, tanto diversi, eppure fusi in un corpo solo attraverso lotte violente e bambinesche. Due facce deformi della stessa medaglia, oscillanti senza soluzioni tra abulia e sventatezza, tra rassegnazione e desiderio, tra realtà e sogno. Se Donata desidera un futuro vago, nel quale avrà una bellezza irresistibile e potrà rilasciare interviste alla televisione, Mimmo, indifferente finanche all’ottusità della propria fatica da bestia, anela il riposo e nulla più.

L’equilibrio di chi non ha nulla è precario, e nella vita dei due fratelli si affaccia per caso Elia, ex mandriano che denuncia alla televisione la scomparsa delle sue centosei bellissime vacche.

I tre protagonisti definiscono la loro condizione solo a partire da un’aporia esistenziale profonda, dalla mancanza di ogni cosa e di ogni possibilità futura. Nello stesso tempo, si affaccia nei loro racconti un’altra faccia della vita, quella delle esistenze che non sono la loro. Tanto la loro impossibilità di agire (descritta dalla abulia di Mimmo e dalla ossessiva e inutile ricerca di Elia), quanto il frenetico desiderio di Donata sono modellati unicamente dalle vite di altri e altre, forse nemmeno reali, che hanno osservato solo dalla televisione. E di quelle esistenze scippano, come possono, solo qualche parola, idiota e storpiata dalla loro cadenza di periferia. 

Elvira Buonocore sceglie di ritornare ad indagare sul concetto di “margine”, gettando una luce sull’azione umana più incontenibile e trasformativa: desiderare. In una società che sponsorizza ossessivamente realtà scintillanti e plastificate, vite dal successo posticcio e irraggiungibile, dove le voglie, le bramosie, vengono nutrite ed esaltate, cosa accade quando il desiderio emerge in chi non ha alcuno spazio o possibilità per esprimerlo? La drammaturgia stende la realtà nelle sue pieghe più recondite, osservandola in una trasparenza accecante nella quale restano trafitte insieme, unite l’una all’altra, varie dimensioni. La perversità della dinamica tra i tre personaggi rimanda continuamente ad un mondo diviso in chi ha il potere di dare e togliere e chi invece è tagliato fuori da un “centro” di azione e privilegio. Donata, Mimmo ed Elia sono quelli “dell’altra parte”: quelli che non avranno mai niente, quelli ai quali “si sono dimenticati di fare succedere qualcosa”. La vicenda individuale si amplia fino a questa dimensione globale, al contempo insinuando un filo segreto nelle viscere di ogni essere umano, in quel margine misterioso dentro ognuno di noi nel quale tentiamo di esiliare i desideri che lasciamo inespressi. 

In questa suggestiva visione prismatica, questo spettacolo racconta il desiderio come una condizione umana non ammaestrabile, non riducibile. Il desiderio fa sempre accadere le cose; là dove tutto lo nega, sgorgando deforme e mostruoso, diventa un’arma distruttiva e annientatrice.

Nell’interpretazione indimenticabile di Anna de Stefano, la protagonista de La vacca giganteggia indomata di fronte al nulla e allo squallore che la circonda. La sua vitalità incontenibile, il suo riso, il suo stupore ancora vivo al mondo sono di per sé indecenti, smisurati, colpevoli. Donata sogna, desidera un corpo bello, sensuale, che le permetta finalmente, lei che non ha nulla, di avere potere, di dire: “Non ti do niente!”. La sua attesa del futuro è tale e talmente fiduciosa, che non la abbattono i continui rimproveri del fratello, le percosse di lui che la vorrebbe normata e adattata ad una vita senza orizzonti. 

Tono grottesco, ritmo alto. La narrazione scorre veloce e si getta nell’irrompere della violenza e della tragedia.

L’epilogo lascerà infine Donata, fin’ora indomata, svuotata e avvilita, davvero “adattata” al suo mondo di vuoto e miseria.  Vicenda nerissima, che in un prodigioso gioco di equilibrio riesce a non cedere alla cupezza, La vacca mantiene un ritmo alto ed un tono al contempo brillante e grottesco, grazie ad una regia raffinata che tratta gli ingredienti del racconto con sapienza, caricando ogni momento di una tensione che si incrina in un istante, implodendo. Splendida la prova degli attori, che contrappongono ad una scena fissa, un grande movimento scenico, in cui i corpi sembrano voler protestare contro l’angustia dello spazio loro consentito. L’uso sapientissimo della cadenza dialettale esalta il testo di Elvira Buonocore, asciutto sebbene colorito da iperboli e frasi fatte, che, scelte a nitido specchio del ciangottare televisivo, tratteggiano pietosamente l’angusto orizzonte dei personaggi.

Arricchita da scelte musicali originali e da un disegno luci poetico, che definisce claustrofobicamente la scena, l’opera resta gelosamente raggomitolata sui suoi disturbanti interrogativi.

Sala gremita di un pubblico attentissimo, che si è lasciato trasportare tra picchi di grottesca comicità e momenti di spietata crudezza. Lunghissimi e convintissimi applausi.

Foto di Emilio Trambusti

Crediti:

LA VACCA
di Elvira Buonocore

(Vincitore del Premio Tuttoteatro.com Dante Cappelletti XIII Edizione. (Premio giuria tecnica e popolare)

Vincitore dei Premi Voci dell’Anima 2021 al Teatro della Centena di Rimini: Premio della critica (ex-aequo), Premio della stampa, Premio sezione teatro, Premio Confine-Corpo

Vincitore del Premio “Per fare il teatro che ho sognato”. Per-formare il Sociale – Il Dipartimento SARAS, Sapienza Università di Roma per il bando Presente Futuro 2021)

regia Gennaro Maresca

con Vito Amato, Anna De Stefano, Gennaro Maresca

disegno luci Alessandro Messina
luci Mario Ascione
costumi Rachele Nuzzo

produzione B.E.A.T. teatro

Rappresentato al Teatro Piccolo Bellini di Napoli dal 30 settembre al 5 ottobre 2025.

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