E’ trascorsa soltanto mezza giornata da ieri sera, e ancora vibriamo di un’emozione incontenibile. L’emozione che si prova al cospetto di autentici eventi. Ma procediamo con ordine. Ieri sera, non senza una punta di inspiegabile fastidio, ci recammo per dovere di ufficio ad assistere alla prima dell’”Amleto”, opera di cui conosciamo ormai vita, morte e miracoli. Nella nostra lunga e accidentata professione, infatti, abbiamo recensito Amleti edipici, lacaniani, rabelesiani, manzoniani, anoressici, romanisti sfegatati, orbi, e finanche ventriloqui. Dunque, eravamo preparati a tutto, A tutto, tranne che alla totale assenza di chiavi di lettura che presenta questa edizione a dir poco miracolosa. Il protagonista dipanava il testo spiccicando battuta per battuta come se la precedente non fosse affatto interessata a sapere dove voleva andare a parare la seguente. Questa santa ingenuità aprì una breccia nella nostra scorza di addetti ai lavori, anche perché riconoscemmo in essa la migliore qualità del nostro secondogenito Asdrubale.
Lo assecondava mirabilmente un’Ofelia che, nonostante l’incipiente stato interessante, sfiorava il sublime nella scena in cui viene mandata più volte in convento, strappandoci una lacrima di compassione, per la quale non sarebbe onesto tirare in causa la nostra parentela (è per l’appunto la figlia di una mia cugina per parte di padre).
Ma la sorpresa della serata fu certo la presenza scenica della Regina Gertrude, capace di un cinismo anche maggiore di quello che le abbiamo visto tante volte sfoderare durante il pokerino che occupa i nostri lunedì sera.
Le faceva da degno contraltare un Claudio in gran forma, che ci induceva a pentirci di averlo ripreso più volte nella vita, intimandogli: “Nonno, basta con le gonnelle, non sei più un giovanotto!”
Unica nota stonata, in tanta armonia di intenti e di effetti, la presenza di un Laerte, del quale conosciamo finanche l’araldica, che guarda caso non ha nulla da spartire con la nostra.
P.S. In assenza di foto di scena, pubblichiamo l’istantanea fatta durante il battesimo di Natan, il primogenito di nostro cognato.