testo di Rossella PETROSINO
riproduzione fotografie immagini di Annamaria FERRENTINO



Il Centro Studi sul Teatro Napoletano Meridionale ed Europeo svela una selezione di illustrazioni di Tata Barbalato, artista poliedrico la cui opera è stata indissolubilmente legata al linguaggio del teatro, in particolare alla drammaturgia di Enzo Moscato. Queste opere arricchiscono l’archivio del Centro grazie alla generosa donazione dell’artista, effettuata nel 2010, alla Professoressa Antonia Lezza, Presidente del Centro Studi, testimoniando un legame personale e artistico di grande valore e un omaggio al suo contributo al mondo della scena campana.
Pittore, costumista e scenografo, Barbalato è stato ombra fedele e necessaria di Enzo Moscato: la loro collaborazione ha caratterizzato la quasi totalità degli spettacoli del drammaturgo napoletano, dando vita a scenografie e costumi capaci di tradurre l’intensità e la leggerezza del testo moscatiano in pura visione. Come ricordava lo stesso Moscato: «In genere la “corrispondenza scrittura-elemento spaziale” l’affido a Tata Barbalato… La mia non è una dimensione scenografica nel senso più tradizionale del termine, le mie scenografie sono decisamente “tulliche”. Le mie scene, in genere, sono piene di tulli, di cose leggere, in teatro non voglio niente di pesante, di oppressivo».
Le opere grafiche – esposte nella stanza di ingresso al primo piano della sede del Centro – sono la perfetta traduzione della sua sensibilità scenica: non semplici illustrazioni, ma vere e proprie quinte mobili per un dramma universale, cariche di una simbologia cruda e diretta. Questi cinque disegni appaiono come studi scenici per un dramma interiore, dove l’artista – forte della sua esperienza teatrale – distilla momenti di forte tensione emotiva e simbolica. Ogni immagine si presenta come un atto unico, illuminato da un senso di mistero, sospensione e attesa.
La ricorrenza di arcate di mattoni e l’estremo contrasto luce/ombra richiamano l’ambientazione minimalista e spesso notturna delle sue scenografie. Elementi isolati e fortemente simbolici, come la scarpa rossa o il coltello, agiscono, dal canto loro, come reperti di un’azione o come presagi di un evento imminente.
Il tratto essenziale – neri pieni, contorni netti, minimalismo compositivo – non è una scelta puramente estetica, ma una vera tecnica di regia visiva, che impone all’osservatore di concentrarsi sul fulcro emotivo della scena. La tecnica dominante è l’isolamento del simbolo: il contrasto e lo spazio vuoto funzionano come un riflettore teatrale che squarcia il buio per mettere in risalto l’oggetto cruciale.
Questa serie si configura, dunque, come un saggio visivo dove la grafica è l’ultimo, amaro linguaggio scenico. Eliminando ogni distrazione superflua, l’artista Tata Barbalato ci costringe al confronto con i grandi, stanchi temi della condizione umana: il carico insopportabile che ci è stato assegnato e la minaccia costante che incombe sul nostro vero sé. È un’illustrazione di idee incombenti più che di oggetti descritti, ed è un tassello essenziale per decifrare quella drammaturgia partenopea che ha saputo fondere la potenza del segno con la disperata leggerezza della poesia.
