Abito in via Sagrera, ovviamente non nella via, che è destinata al transito delle auto e dei pedoni, ma in una casa situata in quella via. La mia casa non è una costruzione isolata ma fa parte di un palazzo di più piani, e io ne abito il primo, che è collocato sotto il secondo e gli altri piani successivi. Ma prima di arrivare alla casa bisogna aprire un cancello, che è sempre chiuso, altrimenti non sarebbe necessario doverlo aprire. All’ingresso del palazzo a cui appartiene la mia casa si accede salendo sei scalini, che restano sei anche quando bisogna scenderli. Una volta aperto il portone d’ingresso si entra nel primo pianerottolo che si distingue dagli altri per il fatto che li precede, e nessuno può arrivare al secondo senza passare per lui. Il portone appena aperto va diligentemente richiuso, onde evitare che gli altri abitanti dell’edificio possano lamentarsi blaterando che c’è sempre qualcuno che lo lascia aperto. Sulla porta della mia casa è affissa una targa con il mio cognome, ma questa non è una sua dotazione esclusiva, in quanto ad ogni porta degli altri piani è affisso un cognome, che però non è il mio ma della famiglia che vi abita. Quando si entra in casa è buona norma appendere il soprabito sull’apposito attaccapanni, ma d’estate questo non è necessario, dal momento che d’estate il soprabito non si usa Una volta dentro ci si trova nella sala d’attesa, che è quasi sempre vuota per assenza di persone che attendono. Dalla sala attesa si passa al soggiorno, per lo più frequentato dalla mattina alla sera, altrimenti andrebbe ribattezzato sonnotte. Il mio soggiorno può ospitare un cospicuo numero di persone, ma è chiaro che più ne sono più stanno strette. Quando è pieno del tutto può capitare che gli occupanti si pestano i piedi a vicenda. Il soggiorno è fornito di tante porte quante sono le altre stanze della casa, e queste porte sono indispensabili perché se non ci fossero non si potrebbe entrare nelle dette stanze. Una di queste è la camera da letto, che è occupata quasi per intero dal letto, per cui dalla soglia al letto basta un passo, ma se non fosse sufficiente è solo questione di farne un altro. Il letto è fatto per dormirci la notte, e dunque come mobile durante il giorno risulta alquanto inutile, a meno che non sia proprietà di una guardia notturna, cosa che però non sono io. L’uso del letto non comporta eccessive difficoltà, bisogna soltanto sollevare le coperte ed infilarsi dentro, operazione che però va compiuta senza fretta, altrimenti si rischia di entrare da una parte ed uscire dall’altra. Il mio è un letto a una piazza, ma vi sono anche letti a due piazze, ma si sappia che queste non vanno confuse con le piazze dei agglomerati urbani, anche perché tali piazze spesso ospitano al centro grandi fontane, che non troverebbero spazio sui letti concepiti per dormirci sopra. Tutt’altra cosa è la camera da pranzo, che di per sé non presenta alcun problema, se non il fatto che vi si può anche cenare, e non per questo diventa camera da cena; vero è che chi intende cenare deve aspettare la sera, altrimenti si troverebbe a cenare ad ora di pranzo. Quanto alla mia cucina mi tocca fare tutto un altro discorso, dal momento che io consumo i miei pasti in trattoria, e dunque trovo utile affittarla a quanti abitano in case sprovviste di un simile locale. Resta da descrivere la camera da bagno, che frequento con regolarità e buon umore, non disdegnando di cantare romanze liriche sotto la doccia, che con encomiabile regolarità lascia cadere l’acqua dall’alto verso il basso, e questo è un bene prezioso, altrimenti – ovvero se l’acqua salisse dal basso verso l’alto – sarei costretto a rivolgermi ad un idraulico. Mi è gradito chiudere la descrizione di quest’ultimo ambiente della mia casa annotando che lo trovo sempre libero dal momento che vivo da solo, ed è occupato soltanto le volte in cui me ne servo io. E questa è la mia casa.