L’ALTRO SGUARDO
VISIONI DI PROCIDA
di Annalisa Aruta Stampacchia
Lamartine tra lirismo e multisensorialità nell’isola di Graziella
Quest’anno Procida, la più piccola isola del Golfo di Napoli, è stata scelta come capitale della cultura italiana.
Lamartine ne ha esaltato l’incanto in un famoso romanzo, Graziella. La trama del libro racconta la bella e commossa vicenda, non a lieto fine, dell’amore dell’autore per una ragazza procidana che egli conosce durante il suo primo soggiorno napoletano, nel 1811. Il poeta francese che ha solo ventuno anni subisce il fascino del golfo di Napoli e, in particolare, dell’isola di Procida. A Napoli conosce dei pescatori e insieme al suo giovane amico Aymon de Virieu diventa loro amico, ne apprezza la vita semplice e comincia a condividere le loro giornate sul mare. Durante una furiosa tempesta fa naufragio sull’isola di Procida dove i suoi amici hanno una casetta; qui conosce e s’innamora di Graziella, una ragazza dagli occhi scuri e con morbidi capelli neri. È la nipote di uno dei pescatori e contraccambia il suo tenero sentimento, ma l’idillio viene interrotto dalla partenza improvvisa di lui per la Francia. Alphonse le promette che tornerà presto, ma non mantiene la promessa e lei, che vive solo per il suo amore, si ammala e muore. In una lettera che scrive qualche giorno prima di morire, Graziella insieme a una struggente dichiarazione d’amore anche oltre la morte, gli invia i suoi capelli, tagliati per lui, chiedendogli di consacrarli a Dio in una chiesa di Francia. Il poeta conserverà per tutta la vita la sua lettera, insieme al ricordo di quell’amore che invano cercherà in altri incontri. Molto è stato scritto sulla data precisa di composizione del romanzo e anche sull’identità della protagonista, Graziella, c’è un’ampia bibliografia. Cosa significa rileggere questo romanzo oggi? Che rimane del mito di Graziella, bella creatura d’amore? Dal romanzo è stato tratto spunto per una festa popolare sull’isola in suo ricordo, La sagra del Mare, che si conclude con l’elezione di una ragazza procidana proclamata la”Graziella” dell’anno. Non si tratta di una semplice elezione di Miss, infatti la Graziella che rappresenta Procida deve avere caratteristiche particolari e soprattutto deve provenire da una famiglia che possa vantare l’appartenenza all’isola da molte generazioni. Le concorrenti sono vestite con l’antico costume tradizionale di origine greca delle donne di Procida, che Lamartine ha descritto nei minimi particolari nel suo romanzo. Solo folklore e un po’ di orgoglio isolano? Non solo. Tra i doni per la nuova Graziella c’è anche un filo di corallo che ricorda il mestiere praticato dalla ragazza che Lamartine ha reso immortale. Nel suo immaginario si tratta di una poetica corallaia, prima lavorante del prezioso elemento marino che mani di artisti esperti trasformano poi in un inimitabile gioiello. Nell’area napoletana, a Torre del Greco in particolare, a partire dalla metà del XV secolo, una delle attività principali era la pesca del corallo: piccole e veloci imbarcazioni a due vele, chiamate ‘coralline’, attrezzate allo scopo, salpavano dalle coste napoletane verso l’Africa alla ricerca del prodotto grezzo, che veniva poi lavorato a Genova, Livorno, Torre del Greco e, con un particolare know-how, a Trapani. Golette e tartane partivano spesso da Procida e anche gli equipaggi delle navi di Torre del Greco erano talvolta formati da procidani. Dopo essere arrivato per la prima volta a Napoli, nel dicembre 1811, Lamartine scrive al suo amico Aymon de Virieu: «Non vedrai mai nulla al mondo più bello del Golfo di Napoli, né una città più vivace. Il Vesuvio ha eruttato per otto giorni, solo per me». Il 28 dicembre, sottolineando il suo entusiasmo, scrive all’amico che il panorama di Napoli è il più bello del mondo e confessa che abbandonandosi al modo di vivere napoletano è diventato un vero lazzarone. Qualche mese dopo aggiunge che, anche se Napoli è incomparabilmente bella, non offre cibo per il cuore e per la mente è solo il «paese dei sensi». Nelle pagine di Graziella è vero che Lamartine appare soggiogato dell’attrazione dei sensi, ma notiamo anche come, oltre che sulla seduzione della realtà , si soffermi sulla visione, sulla risonanza lirica dei suoi sentimenti che lo portano a parlare con dolcezza della ragazza e del loro amore senza mai accennare a dettagli sessuali o a una relazione più intima. Flaubert in una lettera alla scrittrice e sua amante Louise Colet nel 1852 annota: « Parliamo un po’ di Graziella. È un’opera mediocre, anche se è la cosa migliore che L[amartine] abbia fatto in prosa. Ci sono dei bei dettagli. […] E prima di tutto, per dirla chiaramente, ci va a letto o no? Non sono esseri umani, ma manichini. […] L’unione sessuale viene relegata nell’ombra, […]come bere, mangiare, ecc. Questo pregiudizio mi infastidisce. Ecco un uomo che vive continuamente con una donna che lo ama e che lui ama, e mai un desiderio! Non una nuvola impura oscura questo lago bluastro! Oh ipocrita! Se avesse raccontato la vera storia, quanto sarebbe stato più bello!» Non ci sorprende questo giudizio su Lamartine in un autore come Flaubert, che si propone di rappresentare la realtà, di descriverla, anche a costo di ricostruirne la banalità cercando così di “renderla vera”. Il ruennese, completamente assorbito dal culto dell’arte e dal sacerdozio della scrittura è all’opposto del lirismo e dell’immaginazione di Lamartine perciò considera la storia di Graziella un’ipocrisia e un camuffamento della realtà dove mancano «quelle vecchie frasi, ben strutturate, dotate di muscoli e sangue». Insomma, non gli riconosce «uno stile» che vinca i secoli, con la magia di ritmo poetico o con la precisione del linguaggio scientifico, […]«capace di penetrare nella nostra mente come un colpo di stiletto». In realtà la vita sentimentale di Lamartine fu molto più intensa di quella di Flaubert: ebbe infatti diverse relazioni e tra le donne che amò ci furono Henriette Pommier, Graziella/Antoniella, Nina de Pierreclau, Julie Charles, Léna de Larche, Mary-Ann Birch, Valentine de Cessiat… La sua relazione con Graziella si colloca sullo sfondo della seduzione di una terra incantevole, nel paese che, per lui, è stato la «seconda casa dei miei occhi e del mio cuore». È la terra dove era consapevole di aver amato e di essere amato dove è il vero Eden del mondo e la più potente metafora dell’amore che è il Vesuvio. Ne ha conservato un ricordo indimenticabile che troverà la sua celebrazione nella pubblicazione di Graziella. È lì che rende omaggio all’amore sentimentale provato per la giovane donna, di cui non può dimenticare il doloroso destino. I versi de Le premier regret (Il primo rimpianto) che chiudono il romanzo diventano l’epitaffio immortale di Graziella. Qui rivivono la figura della giovane procidana e la reminiscenza del suo nome sepolto «sotto la siepe profumata» che nasconde «Una piccola, sottile, pietra indifferente / Sotto i piedi distratti dello straniero». Il riferimento alla tomba che è una costante nell’opera di Lamartine, non è solo un topos della sua lirica, e nemmeno un luogo comune del Romanticismo: il poeta ha un rapporto intimo con la tomba, sia come luogo di meditazione che di raccolto dialogo con i morti. E infatti è il ricordo degli oggetti legati a Graziella che gli dà la sensazione di rimanere in contatto con la fanciulla anche dopo la sua morte: la medaglia della Vergine Maria che portava al collo e, soprattutto, i capelli tagliati, le trecce che lei gli aveva inviato nel pacchetto che accompagnava la sua ultima lettera, sono per lui un caro, ma anche vivo ricordo. Le trecce non diventano oggetto di feticismo perché Alphonse le depositerà per consacrarle in una chiesa di Parigi come Graziella gli ha chiesto, un ultimo omaggio alla sua volontà e al dialogo che oltre la morte continua a mantenere con il suo sogno di giovinezza. Nel romanzo di Lamartine, Graziella è anche ‘altro’. Si possono infatti selezionare alcuni passaggi in cui il suo personaggio si stacca dal ruolo di figura delicata e toccante, legato a un destino di lacrime e dolore, come spesso è stata percepita, per affermarsi con la forza della sua personalità che ricerca anche una certa indipendenza di donna. Basta ricordare la conversazione di Graziella con la nonna che, sospettosa verso due sconosciuti, Lamartine e l’amico scampati a una tempesta e ospiti a casa sua, li chiama pagani ed empi. La ragazza si ribella all’ingiustizia di questi rimproveri e, con l’autorità e l’impazienza conferitale dalla protezione della nonna, che di solito l’accontenta in tutto, risponde facendo notare l’atteggiamento dei due francesi profondamente amareggiati per la perdita della barca durante il fortunale al punto che per il dispiacere gli occhi di Alphonse sono attraversati da lacrime. L’orgoglio di Graziella e il modo indipendente con cui risponde alla nonna ricordano la condotta delle donne di Procida, abituate ad affrontare tutte le difficoltà della vita perché, sole, mentre i loro uomini navigavano per lavoro, dovevano provvedere alla loro famiglia. Graziella mostra anche una grande modernità nel desiderio di imparare, nell’attenzione che mette ascoltando la lettura dei libri, salvati dal naufragio e che il giovane francese aveva iniziato a leggere alla sua famiglia di pescatori, la sera. Attraverso la lettura, viene introdotta in una cultura diversa da quella dei suoi cari e del loro semplice mondo. Da un lato, la lettura ha l’effetto attivo di aprire un nuovo orizzonte a Graziella, l’ascoltatrice; dall’altro, per Lamartine, il lettore apparentemente passivo, essa diventa un mezzo per conoscere una verità diversa, più profonda, più vicina alla natura, lontana dalla mondanità a cui era abituato. Si può dire che, come testimonia Valerio Magrelli, «l’iniziazione alla lettura finisce per rivelare a Graziella la natura iniziatica della lettura stessa, in quanto ‘autointerpretazione di un soggetto che, d’ora in avanti si comprende meglio, si comprende diversamente, o anche comincia a comprendersi’» Graziella non rimane chiusa nella gabbia emotiva derivante dalla lettura come conoscenza di un mondo diverso: cerca nuove esperienze e le vive pienamente, accettandone lo stimolo. La lettura non è solo un ascolto passivo, ma un trampolino di lancio dove questa scoperta la spinge a voler imparare a leggere lei stessa e, completando la sfida, a voler sapere anche scrivere. La percezione delle sue possibilità la impegna anche a cogliere l’opportunità di essere utile a se stessa e alla sua famiglia scegliendo di lavorare il corallo, diventando corallaia e mettendo le sue mani e il suo talento creativo al servizio di questo duttile prodotto marino. Lavora per uno zio che è caposquadra nella principale fabbrica di corallo di Napoli, ma invece di stare insieme in fabbrica con gli altri operai, per badare ai suoi fratelli minori, lavora a casa. Graziella mette tutto il suo entusiasmo di ragazza in questo lavoro che ama e « diventa ancora più bella nella vita dolce e sedentaria che conduce da quando lavora con il corallo». La lavorazione del corallo, elemento proteiforme e vivo del mare, accresce il suo entusiasmo e la sua bellezza. Lamartine ce ne dà una descrizione poetica ritraendola avvolta dalla polvere rosa che questa attività produceva. Il suo umore migliora, è più allegra, il lavoro le dà più fiducia e i giorni passano molto piacevolmente. É così felice da voler insegnare il suo mestiere al giovane Lamartine, che diventa il suo assistente. Quando però i suoi genitori vogliono che si fidanzi con il cugino Cecco, Graziella ne rimane sconvolta al punto di trascurare e abbandonare il lavoro del corallo. Anche in questa occasione si mostra insubordinata ai desideri della famiglia contro un matrimonio di convenienza e per affermare il suo desiderio di indipendenza come donna, anche nel suo lavoro e rispetto al reddito che questo le procura. La suggestione di un mondo lontano, Parigi, la Francia, agisce ancora su Graziella in termini di moda, dandole la misura che l’abbigliamento di una donna, il suo adornarsi, possa essere diverso dal tradizionale vestito della domenica, che certo non è il massimo dell’eleganza e della civetteria. Vestirsi in modo diverso per lei significa penetrare i segreti della moda, sfruttarla per conservare il suo amore e tenere il suo amato vicino a sé. La moda, simbolo dell’apparenza, diventa per lei un modo di essere: è ingenuamente convinta che le giovani amiche che, su sua richiesta, l’hanno vestita con gli abiti e gli accessori adatti a ragazze francesi della sua taglia ed età, possano compiere il miracolo di avvicinarla a Lamartine e, riducendo la distanza tra loro, avere la possibilità di cambiare i loro destini. In effetti, invece, il risultato è un fallimento, perché ‘il francese’ la considera come «l’ingenua Eva di quel mare, del sole presa in trappola dalla sua stessa civetteria». È interessante notare, tuttavia, come Graziella, consapevole dell’esistenza di un altro modo di essere bella e desiderabile, abbia fatto suo il fascino della moda per affermare la sua personalità. Si veste in altro modo per piacere al suo innamorato e, da semplice figlia di un pescatore, vuole costruirsi un’immagine diversa, per apparire ‘un’altra’, per sorprendere e conquistare la persona che ama. In realtà, fa una vera e propria rivoluzione rispetto al mondo femminile a cui appartiene. E la delusione sarà ancora più amara quando si renderà conto che è vero il contrario: sono la sua semplicità e il suo modo di essere spontaneo, quasi primitivo, ad aver affascinato il raffinato giovane francese. Alphonse, più addolorato che contento di questa profanazione della natura, avanza verso di lei, e guardandola con leggera espressione di rimprovero, di gentile scherno, finge di riconoscerla a stento con quell’abbigliamento: «Come, – le dice- «sei tu, Graziella? Oh, chi avrebbe riconosciuto la bella Procidana in questa bambola parigina?». La distanza tra loro è apparentemente insormontabile, ma mentre Graziella ha fatto la sua “rivoluzione” per varcare una soglia, ha lottato per affermare la forza del suo sentimento, Lamartine invece rimane confinato nel suo mondo e, allo stesso tempo, condanna Graziella ad essere solo una «bella procidana» e una «rondine di mare». È ormai chiaro che egli tornerà nel suo ambiente, dove è abituato a divertirsi e a frequentare donne che vanno dalle prostitute alle ragazze dell’alta società. Graziella non potrà mai integrarsi con questo mondo, né accedere alla sua cultura, ma è condannata a rimanere nella sua isola di mare e di sole. Lo sforzo che Graziella fa è per un cambiamento che sente necessario alla sua realizzazione; Lamartine, invece, vede la sua storia d’amore come già impossibile e, anche se con accenti dolorosi e malinconici, ha ormai detto addio in cuor suo a questo paese dove trionfano luce, colori e profumi e alla bella ragazza che lo incarna. In effetti, lo leggiamo nell’espressione sconcertata dei suoi occhi alla visione di Graziella trasformata in «bambola parigina». Nel suo imbarazzo, possiamo vedere il disagio, il rifiuto e ora che «il colpo è stato inferto», l’esito della loro storia è prevedibile. Graziella, anche se è solo una giovanissima ragazza di quindici anni, non rimane chiusa nel suo amore per uno sconosciuto di pochi anni più vecchio di lei, vuole lasciare lo spazio dell’isola per affrontare un’altra dimensione lontana, ma attraente, tutta da conquistare come l’uomo che ama. Almeno lei cerca di forzare il suo destino, contando sulla sua energia di donna, insomma, mostrando di avere una personalità propria. Ricorre a quelle che Lamartine chiama «piccole ingenue frodi», per esempio rubando lettere provenienti dalla Francia o pregando la Vergine di cambiare miracolosamente il contenuto delle lettere e trasformare gli ordini di ritorno in un invito a restare con lei. La figura di questa eroina romantica è già protesa verso la modernità per la forza che dimostra nell’affermare la sua volontà, gridando la sua ribellione contro il controllo della cerchia familiare, contro i matrimoni combinati o nella sua fuga per rinchiudersi in un convento giurando fedeltà a quell’amore che la porterà alla morte. Quell’amore che lei porterà anche nell’altra vita: «Ti parlerò sempre dal cielo. Amore dell’anima mia! Sarò con te per tutta la tua vita». Anche nel sentimento religioso, Graziella riesce a trovare uno spazio di dialogo personale, soprattutto con la Madonna, che cerca di rendere complice del suo amore. Il suo senso del sacro non significa superstizione, ma piuttosto è una conversazione intima dell’ anima che ha bisogno di un contatto soprannaturale, è il risultato di una devozione pura e spontanea. Per questo siamo toccati dalla spiritualità che emerge dalle parole della sua ultima lettera, chiusura generosa della sua storia umana di donna innamorata. Prima di chiudere questa rapida rilettura di Graziella vorrei soffermarmi sulla parola ‘occhi’ e sul verbo ‘vedere’ che hanno un’incidenza di occorrenze molto alta nel corso del romanzo e il cui valore semantico trasmette al contesto della narrazione emozioni e sentimenti profondi. Queste percezioni, passando attraverso gli occhi, comunicano sensazioni intense che scavano un solco speciale durante il soggiorno di Lamartine a Napoli e a Procida. L’amore di Graziella trova la sua più vera ragione di esistere proprio specchiandosi negli occhi dell’amato, nel guardarlo si ritrova e insieme dischiude la sua anima: la sola risposta alla sua immagine è il riflesso negli occhi di Alphonse che a loro volta si riflettono nei suoi. Per Graziella, guardare il suo innamorato ha lo stesso significato – come ci ricorda il poeta in Le premier regret – di quando, gli occhi fissi nei suoi occhi, Graziella gli chiede, mentre il vento le disfa i capelli neri al vento: «Perché/ Tutto brilla così nell’aria e in me?» . La risposta all’enigma è nel reciproco sogno di intimità che si avvera quando gli occhi dell’uno fissi in quelli dell’altro riproducono un istante di eternità. Può essere questa, forse, la conclusione di una rilettura oggi della Graziella di Lamartine, dove lirismo e travolgimento dei sensi si mescolano e si confondono, dove è celebrato il ricordo di un amore delicato e struggente a cui è ritornato spesso nel corso della sua vita. Graziella, eroina romantica per l’epoca in cui vive, in realtà è anche una figura veramente moderna per sensibilità e per alcuni aspetti della sua personalità che abbiamo cercato di evidenziare e dove esprime, a suo modo, la dignità di una donna, sia pur molto giovane, che vuole forgiare il proprio destino. Procida, l’isola oggi celebrata in Italia come centro radiante di cultura, rappresentò per Lamartine la salvezza non solo fisica dopo la terribile tempesta in mare che aveva vissuto con il suo amico Aymon de Virieux. Essa gli permette infatti di fare amicizia con quella famiglia di pescatori da cui impara nuovi stili di vita, conoscendo un mondo completamente diverso dal suo. Dopo l’incontro con Graziella, il ritorno a Napoli, la partenza del suo caro amico per la Francia, Lamartine guardando il mare di fronte all’isolotto di Nisida scorge Procida, che gli sembra risplendere «come un guscio di tartaruga sull’azzurro delle onde». Procida gli infonde un senso di pace e di tranquillità così conclusa in se stessa come il guscio di una tartaruga, saldamente ancorata al suo elemento naturale, il mare blu. Egli si trova in un momento di grande fragilità e solitudine, senza amici, senza fortuna, alla ricerca di Graziella, di cui non ha notizie e per questo l’isola gli appare come un’oasi di pace, un luogo fatato che custodisce il ricordo dei luminosi momenti d’amore trascorsi con Graziella, di una felicità che ora sembra perduta per sempre, quando il suo cuore batteva solo per lei. Procida rappresenta per lo scrittore un rifugio, immagine che, sotto vari aspetti ricorre spesso nelle sue opere, è uno spazio felice dove si manifesta lo splendore armonico della creazione lamartiniana e si afferma la poesia come espressione del « linguaggio delle immagini, del rapporto misterioso tra visibile e invisibile». Con un balzo in avanti della macchina del tempo, Alphonse oggi avrebbe la possibilità di raccogliere i battiti del cuore della sua Graziella e di riascoltarli in tutta la loro appassionata delicatezza e singolarità, andando in pellegrinaggio in un’altra piccola isola, molto lontana da Procida, l’isola di Teshima nell’arcipelago della prefettura di Kagawa, nel Giappone sud-occidentale, dove è nato ed è fiorente uno straordinario museo che raccoglie i battiti del cuore di decine di persone: Les Archives du Cœur. Ogni cuore qui ha un numero e una data. Ci si può registrare in qualsiasi momento della propria vita e, andando via dal Museo, lasciare insieme al rumore dei propri passi il suono del proprio battito cardiaco. Sarebbe emozionante riascoltare oggi a Procida, registrato a Teshima, i battiti del cuore di Graziella che ci commuoverebbero e ci farebbero rivivere, in modo diverso attraverso Les Archives du Cœur,le emozioni immortali che Lamartine ci ha trasmesso nel suo capolavoro.