Cirillo rinnova Ruccello con il suo virile Ferdinando

di Emanuela FERRAUTO
Cirillo rinnova Ruccello con il suo virile Ferdinando
Un lampadario giace a terra, cimelio logorato dal tempo, immagine dello stato di indigenza di una classe sociale che subisce l’evoluzione storica e culturale attraverso un cambiamento repentino e violento che caratterizza tutti i personaggi. Arturo Cirillo, regista e interprete del personaggio di Don Catello, rilegge il famoso testo di Annibale Ruccello, Ferdinando, che lo stesso autore stabiese, morto prematuramente nel 1986, raccontava di aver scritto in pochissimi giorni, pensando all’attrice Isa Danieli nel ruolo di Donna Clotilde. In questo testo, che debuttò nel febbraio del 1986 grazie alla compagnia “La Contemporanea ’83” e poi successivamente proseguì nella versione collaudata della Compagnia “Gli Ipocriti”, non possiamo soffermarci nell’indicare un protagonista o una protagonista. Annibale Ruccello costruisce una storia in cui tutti i personaggi – Donna Clotilde, la nobile decaduta in miseria, Don Catello, il fidato e ambiguo parrocchiano di famiglia, Donna Gesualda, cugina della nobile e cameriera della stessa, e il personaggio eponimo, ossia Ferdinando, nonché il giovane Filiberto Trinchera, anello cardine dell’inganno su cui è costruita la narrazione – sono indispensabili e protagonisti all’interno di un’intricata e fitta rete di relazioni che sovvertono gli equilibri reali e simbolici della cultura meridionale italiana.
Numerosi gli studi che hanno analizzato questo testo e tutta la produzione ruccelliana, definendo Ferdinando un romanzo drammaturgico di ispirazione storica; è evidente il substrato culturale del drammaturgo stabiese e l’attenzione costante per la documentazione, storica, antropologica e filosofica, che Annibale ha seguito e inseguito lungo tutto il suo percorso da studioso. Così, infatti, possiamo definire Ruccello, un drammaturgo coltissimo, che ha percorso strade trasversali, che ha attinto informazioni preziose da studi eterogenei e che ha condotto ricerche dalle molteplici sfaccettature, confluite all’interno dei suoi testi, scritti in giovanissima età e già famosi negli anni Ottanta. Anche nel caso di Ferdinando, Ruccello affronta un discorso complesso che necessita di un’attenzione particolare rivolta ad un periodo storico ben definito: l’Unità d’Italia. Lo scontro tra nobiltà in decadenza, soprattutto al Meridione, la presenza incombente della famiglia Savoia, l’unificazione forzata della cultura e della lingua in un Paese che per molto tempo non avrebbe concepito il concetto di nazionalità italiana, sviluppatosi in ritardo rispetto ad altri Paesi, sono tutti elementi che costituiscono le fondamenta della stesura di questo testo e della creazione di questi personaggi, fortemente caratterizzati e perfettamente bilanciati e inseriti all’interno di una struttura drammaturgica che crollerebbe qualora uno di questi venisse a mancare. Nessuna regia, infatti, ha mai pensato di eliminare o di oscurarne alcuno, minando profondamente il percorso della narrazione scenica.
Per comprendere perché Ruccello sceglie di ambientare la sua storia proprio alla fine dell’Ottocento, nella campagna vesuviana e all’interno di un palazzo di una tenuta nobiliare, bisogna leggere tutti gli altri testi. Uno dei topoi fondamentali di Annibale è la riflessione sull’omologazione e sullo sradicamento, elemento quest’ultimo che anche Enzo Moscato analizza da tempo e recupera costantemente all’interno dei suoi testi. Questi autori hanno vissuto lo spartiacque del terremoto del 1980, evento tragico che ha coinvolto tutto il Meridione, ma hanno anche affrontato quel processo che ha condotto la cultura italiana verso la massificazione e l’omologazione della lingua e del pensiero, ad opera dei mass media e dell’avvento delle televisioni private. Queste informazioni entravano all’interno delle case e provocavano uno sradicamento violento e non guidato che ha allontanato gli Italiani dalla cultura di origine, rendendo ibrida anche la lingua. Ruccello ha osservato anche la maschera teatrale sradicata dai suoi valori primigeni e l’ha riportata nei vicoli, attraverso la maschera di Jennifer che vuole sopravvivere a tutti i costi omologandosi, ma distruggendosi nella sua identità ambigua. Tutti i personaggi ruccelliani in effetti appaiono sempre ambigui perché confusi: il mondo li ha destabilizzati con i suoi repentini e violenti cambiamenti.
Partendo da questo presupposto si può comprendere, ancora oggi, perché registi e attori si cimentino nel riportare Ruccello in scena anche nel 2023 e perché il pubblico contemporaneo decreti il successo dello spettacolo alzandosi in piedi per applaudire. Il messaggio narrato da questo drammaturgo è ancora attuale ed è impregnato di ironia amarissima, che spinge il pubblico a ridere, così come faceva davanti al televisore e così come fa ancora oggi, a volte senza motivo, per poi cadere giù, inconsapevole, risucchiato dalla durissima realtà. Questo è l’iter che seguono tutti i testi di Ruccello, compreso Ferdinando. Anche Clotilde e i suoi coinquilini vivono un profondo cambiamento al quale però cercano di resistere con tutte le forze, ma inevitabilmente sono trascinati da uno sradicamento sociale e culturale, identificato nella lingua e nei nomi, che li porta alla distruzione, rendendo vincitore il falso e crudele Ferdinando.
Arturo Cirillo riunisce un cast d’eccezione, per le affollate repliche presso il Teatro Bellini di Napoli, svoltesi dal 9 al 17 dicembre: Sabrina Scuccimarra nei panni di Donna Clotilde, Anna Rita Vitolo nei panni di Donna Gesualda, il giovane Riccardo Ciccarelli nei panni di Ferdinando e, come già detto, Arturo Cirillo nei panni di Don Catello. Quest’ultimo sembra affrontare un percorso di cambiamento all’interno dello spettacolo, assumendo poi quei caratteri ambigui di prete omosessuale, pederasta e sessualmente ossessivo e peccaminoso che Ruccello aveva disegnato nei minimi particolari e che aveva spesso interpretato in scena. L’autore aveva previsto un preciso processo evolutivo che riguarda non solo i personaggi, ma anche le ambientazioni, le luci e gli abiti. Cirillo sceglie di collocare l’azione all’interno della stanza di Clotilde, eliminando però il concetto di porte e di finestre, spesso presenti nelle ambientazioni ruccelliane e in genere serrate. Nel caso di questo Ferdinando la regia elimina la finestra, che si affacciava sui campi e da cui provenivano i canti dei contadini, e le porte chiuse o socchiuse, che Ruccello aveva assunto dalla lettura di Genet, e che davano vita al sussurrare, allo sbirciare, durante la notte. Si sceglie, invece, di dare in pasto agli spettatori tutte le immagini che l’autore accennava o invitava ad interpretare con malizia. Al centro della scena Cirillo pone un pannello-quinta, tappezzato con stoffa damascata, e ai lati, sul fondo, si intravedono le scene che avremmo immaginato leggendo il testo di Ruccello, ossia tutti quei momenti di vestizione e di svestizione, legati anche al rapporto sessuale e morboso tra Donna Gesualda e Don Catello o tra Donna Clotilde e Ferdinando. Quindi, ciò che la società non può vedere e che in realtà avviene dietro le quinte, o dietro le porte, in questa regia viene apertamente e palesemente denunciato. Cirillo persegue una scelta che è coerente lungo tutta la narrazione scenica, “spolverando” il testo di Ruccello, ormai considerato un classico e forse lontano dal pubblico più giovane. Ci si chiede se in effetti gli spettatori possano percepire le sfumature terribili che nasconde la denuncia ruccelliana o se si soffermino superficialmente sull’intrigo e sui peccati dei nostri personaggi. L’alone polveroso che si intravedeva tra le fessure delle persiane serrate alla calura e al sole della vita reale, nella villa di Clotilde, sembra sparire, per dare luce ad un’inquietante famiglia dai macabri risvolti.
Lo spettacolo rivela un’osmosi impeccabile tra tutti gli attori che regalano al pubblico, generosissimo di applausi, la loro bravura e la loro tenacia. Riscopriamo un Riccardo Ciccarelli più maturo, ricordando il suo passato con il Nuovo Teatro Sanità e all’interno dei lavori diretti da Mimmo Borrelli. L’attore rappresenta un Ferdinando nuovo, virile, accattivante, meno elegante e meno effeminato, un ragazzo sfrontato e pronto a saltare nel letto di ogni donna pur di raggiungere l’obiettivo, spogliandosi ripetutamente. Del resto, Ruccello voleva farci comprendere proprio queste sfumature, sebbene non mostrasse platealmente il peccato del giovane. Inevitabile il confronto tra Sabrina Scuccimarra e Isa Danieli e si comprende come è difficile per l’attrice lavorare in scena, mentre gli spettatori ricordano la storica Donna Clotilde. Anche questa è una scelta coerente operata da Cirillo, cioè un’attrice più giovane, ma di esperienza, con un’accezione recitativa ben diversa, più vicina a Donna Gesualda, interpretata dall’ottima Anna Rita Vitolo. Anche nel caso di Donna Gesualda, appare uno svecchiamento in atto nel personaggio, una donna addolorata per la sua condizione sociale ed economica, oppressa dalla solitudine, ma morbosamente attaccata all’unico atto che la rende emancipata rispetto alla situazione. La presenza di Donna Gesualda in scena, in questa versione, sembra più moderna, più coraggiosa, meno sottomessa, riducendo, però, l’effetto sorpresa davanti all’evoluzione inaspettata e macabra che aveva previsto Ruccello. Questo personaggio è, infatti, l’artefice di quel vortice delirante che conduce alla conclusione e allo scioglimento, e il pubblico, forse, non ne è del tutto sorpreso.
Il successo di questo spettacolo è dettato sicuramente dal genio ruccelliano, ma anche da una regia che ha saputo riproporre questo testo ad un pubblico contemporaneo, soggetto a nuove pulsioni e a nuovi stimoli, anche digitali, e che ha fissato un nuovo spartiacque epocale e sociale, cioè l’epidemia Covid. Lo spettacolo funziona, il cast è di qualità, la regia ha proposto delle scelte diverse che perseguono una certa coerenza scenica, seppur distaccandosi, a tratti, dal testo fonte. Un prodotto da riproporre al pubblico di tutte le età, auspicando un’adeguata formazione anche sui drammaturghi e sugli autori contemporanei, rivolta e destinata soprattutto ai più giovani o agli spettatori meno esperti.
FERDINANDO
Teatro Bellini Napoli
9-17 dicembre 2023
Ferdinando
di Annibale Ruccello
con Sabrina Scuccimarra, Anna Rita Vitolo, Arturo Cirillo, Riccardo Ciccarelli
scene Dario Gessati
costumi Gianluca Falaschi
musiche Francesco De Melis
luci Paolo Manti
regista collaboratore Roberto Capasso
assistente alla regia Luciano Dell’Aglio
foto di Tommaso Le Pera
regia Arturo Cirillo
produzione MARCHE TEATRO, Teatro Metastasio di Prato, Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini