PIRANDELLO E LE MARIONETTE EDUARDIANE: L’ARTE DELLA COMMEDIA.

di Emanuela FERRAUTO

Se immaginassimo un grande Mangiafuoco benevolo, ma attento e severo, potremmo pensare a Luigi Pirandello che, attraverso la sua scrittura, trasmette il senso più profondo della poetica teatrale, il senso più segreto, la magia più intensa, e contagia con i suoi fili la poetica di grandi autori, dello stesso Eduardo, che ha imparato sulla sua pelle cosa sia il teatro. Due aspetti diversi di questo mestiere che, in effetti, Pirandello vive a distanza, sebbene abbatta simbolicamente la quarta parte e si immerga in una condizione visionaria che lo caratterizza profondamente; dall’altra parte Eduardo e tutta la sua storia drammaturgica, ma soprattutto scenica, che lo ha reso tale, attraverso le difficoltà che hanno sempre accompagnato le famiglie teatrali. Queste due profonde visioni dell’arte teatrale si mescolano, fino a confluire in un testo complesso, diverso, fortemente contemporaneo, che è appunto L’arte della Commedia, datato 1964, in scena dal 16 al 26 febbraio 2023, nello storico teatro di Eduardo, il San Ferdinando di Napoli, per la regia di Fausto Russo Alesi, che oltre a dirigere una compagnia eterogenea, si presenta anche come attore.

Sin dalle prime scene emerge un profondo studio sulla parola eduardiana che, in questo testo, più che in altri, si veste di un linguaggio diverso, politico, polemico, tecnico, giornalistico a tratti, immerso, però, in quell’aura visionaria che solo da Pirandello può provenire. Il fortissimo realismo che ritroviamo in numerose opere eduardiane, qui sembra emergere relativamente, poiché viene costantemente sgretolato all’interno di un racconto che apparentemente sembra realistico, ma puntualmente riporta lo spettatore all’interno di una situazione surreale. Protagonista è Oreste Campese, interpretato dallo stesso Russo Alesi, che incontra il Prefetto del luogo affinché possa ricevere aiuto per la sua compagnia: il suo capannone-teatro è andato bruciato. Sin dalle prime battute emerge la vera natura di questo testo, un vero e proprio Manifesto del Teatro firmato da Eduardo, il quale affiora prepotentemente nelle prime lunghe battute di Campese e si materializza così sul palcoscenico. 

La regia sceglie di riportare sulla scena le didascalie, ossia di far recitare ad un attore, nei panni di tecnico di palco, tuttofare, maestranza, uomo che osserva in disparte ciò che sta accadendo, le lunghe didascalie iniziali e alcune tra quelle riportate all’interno del testo. La scelta è attualissima, di grande stile e testimonia, ancora una volta, l’indagine affrontata dai principali studi contemporanei sul testo teatrale: la didascalia è testo teatrale e pertanto, oggi, si sceglie sempre più spesso di renderla recitabile, recitata e quindi finalmente viva (Cfr. E. Ferrauto, Il caso della drammaturgia siciliana contemporanea: la didascalia dall’innovazione pirandelliana ai testi di Emma Dante, Rosario Palazzolo e Davide Enia, attraverso Sciascia e Ruccello, in «Schede Umanistiche / ANTICHI e Moderni», nuova serie anno XXXV/2 202. Ambigue verosimiglianze nel teatro dal Seicento a oggi, 2021, pp.151-193 https://www.ilibridiemil.it/images/Repository/10.17457_9788866803621_SUXXXV2.pdf). La scelta di riportare la didascalia in forma recitata, di affidarla ad un personaggio in scena e non ad una voce off, ma soprattutto di individuare l’unico personaggio fortemente realistico e non surreale, non metaforico, non idealizzato, assente naturalmente nel testo originario, dimostra che Russo Alesi abbia percepito, come altri attori e registi contemporanei, quanto la didascalia, da sempre considerata un semplice tecnicismo drammaturgico, rappresenti invece il momento più intenso in cui l’autore interferisce all’interno del testo e si manifesta. Se questo spettacolo deve mostrarsi come un vero e proprio Manifesto del Teatro e deve contenere non solo la poetica e l’idea più profonda di quest’arte, rivelando anche gli aspetti più duri, tecnici e difficili di questo mestiere, deve necessariamente far vivere in scena anche le didascalie. 

Ogni frase e ogni battuta di questo testo hanno un peso notevole nella ricostruzione del pensiero eduardiano: la natura quasi saggistica del linguaggio viene smorzata dalla forzata caratterizzazione dei personaggi, a tratti caricaturali, ma anche grotteschi come si intendeva in Pirandello e in altri autori di inizio Novecento. Infatti, ogni personaggio è ben definito ed è identificabile facilmente dallo spettatore, nonostante non ci siano particolari effetti di luce e colori accesi che possano determinare un contrasto visivo tra un personaggio ed un altro. 

Ognuno di loro rappresenta un contenitore di elementi, si fa cioè portavoce di un “capitolo”, di un “paragrafo” di questo Manifesto, e Eduardo emerge attraverso ognuno di loro. Questa fortissima caratterizzazione, che poco sembra emergere attraverso la lettura delle battute riportate nel testo, sulla scena di Russo Alesi esplode prepotentemente poiché anche in questo caso le didascalie, che ci forniscono preziose informazioni sulla fisicità dei personaggi, si vivificano ulteriormente in essi. Si tratta di scelte stilistiche e registiche che nulla tolgono al messaggi e all’obiettivi principali e originari, denunciando ancora oggi una condizione di emarginazione e di sofferenza che vive l’attore e il teatro tutto. La denuncia, in questo caso, si schianta violentemente contro i rappresentanti del potere, a differenza di Pirandello che descrive l’arte teatrale da un punto di vista autoriale, sebbene la sua critica al mondo moderno e ai totalitarismi sia inserita nel suo testo più surreale, ma di magnifica potenza: la compagnia sgangherata di Campese ricorda, infatti, la casa di Cotrone che ne I giganti della montagna di Pirandello ospitò la mal ridotta compagnia della Contessa. I personaggi eduardiani che si avvicendano sul palcoscenico sono reali o no? Il problema è reale o no? Si può fingere un problema? Si può fingere la morte? L’intero spettacolo è costruito sull’ironia e sul surreale, come Pirandello insegnava, ma l’originalità sta nell’aver trattato un’aspra polemica contro la società e il potere, questione di grande attualità, attraverso una situazione apparentemente reale. Lo stesso pubblico viene inconsciamente preso di mira, stimolato al pensiero, stuzzicato nella comprensione della profonda verità.  Il Parroco è di memoria manzoniana, il Prefetto e il suo segretario sembrano tratti dai film muti e dalle gags di Totò, un gatto e la volpe furbi ma sminuiti nel loro potere, la popolana Palmira, in questo spettacolo nei panni di un uomo effeminato, un travestito, ricorda i personaggi sofferenti che ritroviamo all’interno dei testi di Viviani, il Piantone rappresenta le forze dell’Ordine, ma cede al fuoco della casa e delle braccia di Palmira, Lucia, la maestra, svela storie di tradimenti, incesti e di morti, ricordando le angosciose relazioni dei Sei personaggi in cerca di autore.

Lo spettacolo è costruito attorno ad ottimi attori che caratterizzano fortemente i personaggi, sebbene soprattutto la seconda parte dello spettacolo sembri mostrare maggiormente le doti attoriali dell’intera compagnia. La morte del farmacista, Girolamo Pica, accentua, forse eccessivamente, le richieste riportate nella didascalia eduardiana, cioè una rappresentazione grottesca della morte e movenze da burattino richieste all’attore: in effetti Russo Alesi osa e presenta un attore-ballerino che prolunga la scena “stiracchiandola” a lungo. Il pubblico inevitabilmente ride, perché l’obiettivo è il paradosso: se l’attore vive per recitare, recita anche nella vita affinché possa rivivere e sopravvivere sulla scena. Ci si chiede, dunque, chi siano i veri attori, lo Stato, le Forze dell’Ordine, il medico, il farmacista, o gli attori di professione? 

Questo spettacolo nasce dall’aspra denuncia rivolta al Ministro Tupini già nel 1959, attraverso una lunga lettera in cui Eduardo accenna alla mancanza di fondi destinati al teatro, allo strapotere della televisione, alla condizione di indigenza dell’attore, al ruolo dell’autore che dovrebbe essere dominante, ma che in realtà viene usurpato da pseudo organizzatori ed impresari: «[…] No signori, siete voi che lo state uccidendo, il teatro! Voi che state succhiando al teatro le ultime gocce di sangue escogitando chissà quali nuove carnevalate, annunciando chissà quali nuove montagne che partoriranno il topolino, preparando nuovi buchi nell’acqua che stizzosamente attribuirete alla incomprensione del pubblico, architettando chissà quali nuovi programmi all’insegna del dilettantismo, dell’egoismo e della più assoluta indifferenza per le sorti del teatro che, se anche è affidato alle vostre mani di trafficanti, non è patrimonio che vi appartenga e con il quale abbiate legalmente e moralmente qualcosa da spartire».

È necessario concludere questa lunga analisi con un riferimento alla scenografia: le sagome delle quinte sono poggiate per terra, capovolte, la botola al centro del palcoscenico rappresenta la “porta” verso la profonda essenza del Teatro, ma anche il baratro in cui si cade. All’inizio dello spettacolo gli attori entrano ed escono da questa botola, piccole formiche che sprofondano in un’altra dimensione. Alla fine del prologo le sagome vengono issate, le luci si accendono, la polvere cade sul palcoscenico: lo spettacolo nello spettacolo ha inizio, ma gli spettatori vedranno l’al di qua, il dietro le quinte, di una dimensione doppia che convive su un palco spartiacque, temporale e visivo. Eccellente la scelta musicale che ricade, spesso, sulle canzoni di Fabrizio De André.

L’ARTE DELLA COMMEDIA

16-26 FEBBRAIO 2023
Teatro San Ferdinando – Napoli
Foto di Anna Camerlingo
di Eduardo De Filippo
adattamento e regia Fausto Russo Alesi
con (in ordine di locandina) Fausto Russo Alesi, David Meden, Sem Bonventre, Alex Cendron, Paolo Zuccari, Filippo Luna, Gennaro De Sia, Imma Villa, Demian Troiano Hackman,
Michele Schiano di Cola
scene Marco Rossi
costumi Gianluca Sbicca
musiche Giovanni Vitaletti
luci Max Mugnai
consulenza per i movimenti di scena Alessio Maria Romano
assistente alla regia Davide Gasparro
assistente ai costumi Rossana Gea Cavallo
foto di scena Anna Camerlingo
grafica Patrizio Esposito
direttori di scena Clelio Alfinito, Ivan De Paola
macchinisti Giuliano Barra, Angelo Pasquale
datore luci  Danilo Cencelli
tecnico del suono Filippo Lilli
sarta Pina Sorrentino
amministrazione Deborah Frate
produzione e organizzazione Elisa Pavolini
consulenza generale Natalia Di Iorio
costruzioni Scenografie Imparato & Figli Napoli
costumi realizzati da Sartoria del Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa
calzature Pedrazzoli Milano
parrucche Artimmagine Napoli
forniture elettriche e foniche Gianchi Italia Roma, Emmedue Napoli
trasporti Move&Show Service Futura, Trasporti Criscuolo Napoli
si ringrazia per la collaborazione il Piccolo Teatro di Milano -Teatro d’Europa
produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Fondazione Teatro della Toscana – Teatro Nazionale, Elledieffe