FINO ALL’ULTIMO DESTINO

Una poesia escatologica di Dylan Thomas

di Raffaele Di Stasio

si perdono gli amanti, non si perde l’amore,

Dylan Thomas, And death shall have no dominion 

Dylan Thomas (1914-1953) scrive And death shall have no dominion nella primavera del 1933, a diciannove anni non ancora compiuti, stimolato da un amico che l’aveva invitato a comporre una poesia sull’immortalità. Uscita quello stesso anno sulla “New English Weekly”, la poesia viene poi inclusa nel volume Twenty-five Poems, pubblicato nel 1936.

    Lo spunto iniziale è dato da un passo paolino della Lettera ai Romani, 6,8-9: “Ma se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo, risorto dai morti, non muore più; la morte non ha più potere su di lui”. Quest’ultima frase, nella lezione della Bibbia di Re Giacomo del 1611, la King James’s Bible, è infatti tradotta: death hath no more dominion over him. La resurrezione in questione, però, non è di ordine prettamente religioso; la sostanza tematica è che gli uomini, dopo la morte terrena, risorgono in quanto forze vitali della natura, pertanto la morte non avrà potere su di loro. Tuttavia, proprio in ragione del tema dell’immortalità, non si fatica a rilevare nella poesia una valenza escatologica, il cui primo segnale sta nel terzo verso e nella sua allusiva inversione sintattica.

    Il verso è: With the man in the wind and the west moon, mentre la costruzione dovrebbe essere: with the man in the moon and the west wind, che tradotto sarebbe: con l’uomo nella luna e il vento d’occidente; oppure, con minore probabilità: with the man in the west moon and the wind, cioè: con l’uomo nella luna d’occidente e col vento. In ogni caso l’espressione the man in the moon allude all’immaginario popolare antico intorno al sembiante umano che appare, o che si credeva di scorgere, nel disco lunare; immaginario riscontrabile un po’ ovunque, così nella cultura celtica, presente in Thomas, come in quella greca. Riferendosi agli uomini che al momento della morte vanno a mescolarsi con un’immagine umana più alta, la funzione espressiva dell’inversione sintattica sembra dunque sottolineare la vitale fusione di tutte le cose alla fine dei tempi; una fine niente affatto annichilente, definitiva, bensì una fine ultima, cioè a dire escatologica. In tal senso, appare significativa anche l’intera seconda strofa, le cui truci metafore lasciano una chiara impronta purificatoria, purgatoriale. E più ancora in chiusura risalta il penultimo verso, il cui testo è: Break in the sun till the sun breaks down, la cui traduzione più o meno letterale è: irrompono nel sole finché il sole non crolla. Qui, infatti, i morti vanno a mescolarsi non più con la luna ma col sole. Inoltre, riguardo al terzo e al penultimo verso, ciò che più salta all’occhio non sono soltanto le immagini simboliche della luna e del sole, poste rispettivamente all’inizio e alla fine del testo, ma il modo diverso con cui si connota il soggetto delle immagini. Se il soggetto del verso 3 sono i morti nudi, Dead men naked, i quali saranno una cosa con l’uomo nella luna, quello del verso 26 sono le teste degli uomini, o meglio dei caratteri, Heads of the characters, che irromperanno nel sole finché il sole non verrà giù. La differenza connotativa è forte al punto che, alla mia lettura, una suggestione analogica con un testo greco antico risulta inevitabile.

    Si tratta del testo di Plutarco Il volto della luna (Adelphi 1991; 2004), in particolare il cosiddetto mito di Silla riportato nei capitoli finali. Nel testo di Plutarco la figura del volto lunare è solo l’occasione che dà adito, prima a un lungo dialogo a più voci di ordine scientifico, poi a una breve narrazione di ordine teologico-escatologico. In quest’ultima parte, il mito raffigura una struttura triadica dell’essere umano: il corpo, l’anima e l’intelletto, a cui corrisponde una simmetrica triade astrale: la terra, la luna e il sole. Secondo il tragitto simbolico narrato dal mito, con la prima morte, la morte terrena, l’anima-intelletto si separa dal corpo e raggiunge la sfera della luna, dove trascorre un periodo più o meno lungo e tribolato necessario alla purificazione; poi, con la seconda morte, la morte lunare, l’intelletto si separa dall’anima e raggiunge la sfera del sole per unirsi alla sua forza vitale. Come nella terra si dissolvono i corpi, così nella luna si dissolvono le anime, e nel sole gli intelletti, finché lo stesso sole torna a fecondare col seme dell’intelletto la luna, la quale produce nuove anime, le quali a loro volta vivificano i nuovi corpi offerti dalla terra.

    Il riflesso del testo plutarcheo intravisto nella poesia di Thomas, come ho detto è solo una suggestione analogica, generata dai segnali testuali dei versi citati sopra. All’inizio della prima strofa i morti nudi, denudati, spogliati, che saranno tutt’uno col volto lunare, fanno pensare alla separazione dell’anima-intelletto dal corpo; la seconda strofa, con la sua fitta sequenza di metafore alludenti a metodi di tortura medievali, e con quelle trafitture ricevute dai mali unicorni, the unicorn evils, cioè gli unicorni del peccato, fa pensare a una risalita purgatoriale delle anime-intelletto che devono mondarsi delle umane passioni; infine, nella terza strofa, le teste dei caratteri che martellano tra le margherite e irrompono nel sole finché il sole non crolla, fanno pensare alla separazione dell’intelletto dall’anima, all’unione dell’intelletto con la forza vitale del sole, e alla rinnovata fecondazione solare.

    La cifra neoromantica di questa poesia di Thomas, già evidente nella continua tensione tra una chiara naturalità e un’oscura visionarietà del linguaggio, nel ritmo fortemente assonanzato di un’inusuale imagery, si può ancor più apprezzare nella resa musicale, “bardica”, della sua oralità; una voce impressiva e appassionata da cui forse traspare, in controluce, l’istintiva magica sregolata coscienza che l’uomo, per quante volte muoia, è destinato a nascere sempre una volta di più. Il testo di seguito citato è tratto dall’edizione RCS Quotidiani, Milano 2004

And death shall have no dominion

And death shall have no dominion.
Dead men naked they shall be one
With the man in the wind and the west moon;
When their bones are picked clean and the clean bones gone,
They shall have stars at elbow and foot;                                                                                5
Though they go mad they shall be sane,
Though they sink through the sea they shall rise again;
Though lovers be lost love shall not;
And death shall have no dominion.

And death shall have no dominion.                                                                                     10
Under the windings of the sea
They lying long shall not die windily;
Twisting on racks when sinews give way,
Strapped to a wheel, yet they shall not break;
Faith in their hands shall snap in two,                                                                                  15
And the unicorn evils run them through;
Split all ends up they shan’t crack;
And death shall have no dominion.

And death shall have no dominion.
No more may gulls cry at their ears                                                                                     20
Or waves break loud on the seashores;
Where blew a flower may a flower no more
Lift its head to the blows of the rain;
Though they be mad and dead as nails,
Heads of the characters hammer through daisies;                                                          25
Break in the sun till the sun breaks down,
And death shall have no dominion.

                                                                                       

Così la morte non avrà dominio

Così la morte non avrà dominio.
I morti nudi saranno tutt’uno
con l’umano nel vento e la luna occidente;
quando le loro ossa saranno senza polpa e le stesse ossa dissolte,
avranno stelle al gomito e sul piede;                                                                                       5
divenendo folli rinsaviranno,
sprofondando nel mare emergeranno ancora;
si perdono gli amanti, non si perde l’amore,
così la morte non avrà dominio.

Così la morte non avrà dominio.                                                                                         10
E sotto le spire del mare
sepolti a lungo, non svaniranno in vortici;
slogati sulla cremagliera o avvinti
alla ruota, non verranno spezzati;
nelle mani la fede spaccata in due,                                                                                       15
e trafitti da unicorni malvagi,
e strappati da ogni lato, non andranno in frantumi;
così la morte non avrà dominio.

Così la morte non avrà dominio.
Al loro ascolto non strideranno più altri gabbiani                                                                20
e nessun’onda più s’infrangerà;
dov’era un fiore nessun altro fiore
inarcherà il calice a un colpo di pioggia;
ma divenuti folli e ben fissati a terra,
i cespi dell’indole ribattono tra i petali,                                                                                 25
traboccano nel sole finché il sole non frana;
così la morte non avrà dominio.

Note: v. 3, traduco west moon con luna occidente, usando occidente come aggettivo, secondo il valore participiale del termine; v. 13, in traduzione ometto when sinewes give way per una migliore resa ritmica dei versi 13-14; v. 16, unicorn ha funzione di aggettivo, the unicorn evils sarebbero i mali unicorni; v. 24, nail è chiodo, dead as nails è frase idiomatica e sta per morti stecchiti, da qui la traduzione e ben fissati a terra; v. 24, hammer è verbo, martellare, battere, e si lega ai nails del verso precedente; v. 25, daisies sono le margherite, da qui la traduzione con petali.