Furore: l’eleganza della cultura e delle arti

FURORE_Massimo Popolizio _ foto di FEDERICO MASSIMILIANO MOZZANO (2)

Anche la sala del Teatro Bellini di Napoli riapre i battenti e, certamente, anche questa è una buona notizia. Ampio e ricco il programma della stagione 2021/2022 che inauguriamo con la visione dello spettacolo ideato e interpretato da Massimo Poplizio.

Proprio il programma di cui parliamo, quest’anno è distribuito, come al solito, anche in formato cartaceo, ma stavolta attraverso una veste grafica molto originale: gli spettatori potranno ritirarlo al botteghino o all’interno del foyer del teatro e si ritroveranno in mano un giornale di fine Ottocento o di inizio Novecento, con i caratteri grafici, l’impaginazione e i disegni di gusto fortemente retrò. Anche i programmi di sala e le brochure rispettano la stessa scelta grafica, inserendo, sotto l’intestazione e denominazione del teatro, l’indicazione “Fondato nel 1864”.

Lo spettacolo, in scena dal 9 al 14 novembre, è tratto da un romanzo del giornalista americano John Steinbeck, pubblicato nel 1939: parliamo di Furore, da cui è tratto anche il titolo dello spettacolo, testo adattato per la scena da Emanuele Trevi.

Questo spettacolo coniuga perfettamente tutte le arti, in assenza solamente della danza, ma soprattutto coniuga quel binomio letteratura/teatro che a noi piace tantissimo. Grazie al teatro, infatti, un romanzo del genere, poco conosciuto ai più e anche a coloro che si occupano di altra letteratura, appare in una forma narrativo-drammaturgica che mette gli spettatori davanti ad una forma di conoscenza molto importante. Se la letteratura viene drammatizzata e rielaborata in una nuova scrittura, rispettandone i canoni e le volontà autoriali originarie, anche il pubblico sarà invogliato, dopo la visione dello spettacolo, alla lettura integrale di un romanzo come Furore. E questa è una grandissima conquista.

Steinbeck, nel 1936, lavorò ad un’indagine giornalistica per il «San Francisco News», indagando sulle condizioni di vita dei braccianti che furono cacciati dal centro degli Stati Uniti verso le terre floride della California: parliamo di uno sradicamento forzato che risulta agli occhi degli spettatori e dei lettori attualissimo, violento e commovente, tanto da suscitare lacrime e da generare frasi come «ancora oggi accade!».

I poveri braccianti dell’Oklaoma e dell’Arkansas sono costretti, dai grossi proprietari terrieri e dalle Banche o Società che detenevano la proprietà di piantagioni di cotone, ad andar via perché le tempeste di sabbia e la siccità avevano inaridito queste terre, rendendole improduttive.

I proprietari terrieri non avevano più bisogno della manodopera, così da sconvolgere le vite di questi contadini e dei braccianti, soprattutto delle loro famiglie, ormai radicate in quelle zone,

Lo spettacolo è ambientato, infatti, su un palcoscenico pieno di polvere e terra, e il primo degli atti/capitoli è, appunto, intitolato Polvere. È molto importante comprendere ed osservare come sia strutturata la drammaturgia e la messinscena che ci fanno percepire, costantemente, come lo scheletro testuale e fortemente letterario sia sempre presente, ma trasfigurato e “travestito” attraverso gli elementi del teatro: i capitoli diventano atti, la recitazione è lettura attraverso il leggio, la fonte giornalistica, ulteriore scrittura e fonte, è posizionata simbolicamente sulla destra del palco, attraverso un tavolo, una macchina da scrivere, alcuni giornali accatastati. L’indagine e la scrittura giornalistiche, però, nonostante siano fondamentali per la nascita del romanzo, non sono predominanti nell’azione scenica, ma solo in conclusione, a chiusura di un cerchio.

Lo spettatore è stimolato costantemente da vari elementi: la lettura ritmica di Massimo Popolizio, che ci fa dimenticare l’aridità di certi reading teatrali, lettura che possiamo sicuramente definire intensa interpretazione attoriale di ogni singola parola dell’adattamento di Trevi, perché ogni vocabolo viene letteralmente “pesato” e “decorato” dalla voce e dall’eleganza interpretativa dell’attore.

Il ritmo del racconto, perché parliamo di narrazione vera e propria con inframezzi di dialoghi riprodotti in voce off (interpretati sempre dallo stesso Popolizio), cavalca la scena in perfetta osmosi con la musica dal vivo, eseguita da Giovanni Lo Cascio, dai suoni di Alessandro Saviozzi, e dalle splendide creazioni video di Igor Renzetti e Lorenzo Bruno. Quest’ultime sono perfettamente integrate con il racconto, la voce, il ritmo e la musica, offrendo al pubblico ulteriori informazioni, in quanto ritroviamo foto dell’epoca delle famiglie citate, degli eventi descritti e delle condizioni in cui versavano, video che, metaforicamente, riportano il pensiero ad alcune immagini. Questi elementi cinematografici, costanti e mai ritmicamente discordanti, sono dunque parte integrante ed importante della stimolazione e del coinvolgimento a 360 gradi del pubblico. Sottolineiamo la bellezza delle musiche e dei suoni, mai eccessivi, ma perfettamente pertinenti con il racconto. Potremmo definirli una “culla” in cui vengono accolte le parole, sostenute e rese fluenti e fruibili.

Lo spettacolo è un vero gioiello di eleganza, di professionalità, di combinazione perfetta tra le arti, ma soprattutto è testimonianza storico-letteraria, permeata e veicolata attraverso uno dei canali di cultura più importanti della storia: il teatro.

EMANUELA FERRAUTO

Teatro Bellini- Napoli
Dal 9 al 14 novembre 2021

FURORE
dal romanzo di John Steinbeck

ideazione e voce Massimo Popolizio
adattamento Emanuele Trevi
musiche eseguite dal vivo da Giovanni Lo Cascio
suono Alessandro Saviozzi
luci Carlo Pediani
creazioni video Igor Renzetti e Lorenzo Bruno

produzione Compagnia Umberto Orsini – Teatro di Roma – Teatro Nazionale

foto di Federico Massimiliano Mozzano