Bernardinus Stephonius S.J., Flavia Tragoedia, Edizione, introduzione, traduzione di Mirella Saulini

Bernardinus Stephonius S.J., Flavia Tragoedia, Edizione, introduzione, traduzione di Mirella Saulini, Monte Compatri (RM), Edizioni Espera, 2021, ISBN: 978-88-99847-29-6, € 49,00

Nel 1597, il gesuita Bernardino Stefonio, figura di spicco nella Compagnia di Gesù, scrisse Crispus Tragoedia, che in seguito Tarquinio Galluzzi, gesuita già allievo di Stefonio definì tragedia del martire. Al tempo, il teatro dei Gesuiti aveva superato le fasi preliminari e la tragedia sacra recitata nei collegi dell’Ordine si era affermata come una realtà pedagogica e artistica. Stefonio raccoglie l’eredità classica senecana, ma nelle forme della tragedia antica cala al contempo un contenuto storico – una novità per il teatro dei Gesuiti, che fino ad allora aveva attinto prevalentemente all’Antico Testamento – e il messaggio cristiano. Era l’inizio di quella che la critica ha definito ‘riforma stefoniana’.

Questa continuò con Flavia Tragoedia, tragedia del martire scritta, e rappresentata presso il Collegio Romano, nel 1600, anno del Giubileo. Flavia andò di nuovo in scena, presso il Seminario Romano, nel 1621, anno nel quale fu data alle stampe.

Stefonio scelse un episodio cruento della storia di Roma e della dinastia che dà il titolo all’opera: l’esecuzione, ad opera di Domiziano Imperatore, dei figli adottivi ed eredi T.F. Vespasiano e T.F. Domiziano, e del loro padre, suo cugino T.F. Clemente, cristiani. Considerato il momento storico, si può supporre che il gesuita abbia usato le fonti classiche, storiche e letterarie, anche per celebrare l’Ecclesia Triumphans.

La resa scenica fu spettacolare; nell’opera trovano infatti ampio spazio il canto e la danza; ci sono altresì giochi militari, scene di battaglia, incantesimi e tutto un apparato che, secondo testimonianze dell’epoca, colpì e impressionò gli spettatori.

Il testo riprodotto è quello dell’edizione 1621; fin qui si era creduto, erroneamente, che non esistessero copie manoscritte della tragedia. In realtà due di queste si trovano nell’Archivio Storico della Pontificia Università Gregoriana. Il testo stabilito rimane quello a stampa, ma dalla collazione sono emerse differenze che la curatrice segnala.

Nelle pagine introduttive, si analizza criticamente la tragedia, inserendola nel contesto culturale e non mancano i confronti con la tragedia barocca. Nell’ampio corredo di note si fanno emergere alcuni contenuti teologici presenti nei discorsi dei personaggi. Siamo nella cosiddetta Età della Controriforma, ed è interessante notare come dalle parole dei due giovani protagonisti, Vespasiano e Domiziano Cesare, venga delineata la figura di un possibile principe cristiano ideale.

Tanto nell’introduzione che nelle note, si fa riferimento ad alcune caratteristiche del latino di Stefonio, un latino classico, che talvolta attinge, anche per i contenuti, a poeti quali Orazio e Virgilio. Si rilevano anche influenze del latino medioevale e umanistico.

La traduzione italiana è a fronte.

Mirella Saulini è stata docente nei licei di Stato e cultore della materia prima, docente a contratto poi presso Sapienza Università di Roma. Suo campo di studio è il teatro dei Gesuiti, in particolare l’opera dei padri Stefano Tuccio S.J. e Bernardino Stefonio S.J. Con relazioni sull’argomento, ha partecipato ai convegni internazionali: Early Modern Exemplary Drama (Praga, 12-14.X.2017) e Theory and Practice in 17th-19th Century Theatre [Eger (HU), 6-9.IX.2018]. Ha all’attivo numerose pubblicazioni, tra le altre: Stephanus Tuccius S.J., Christus Nascens, Christus Patiens, Christus Iudex Tragoediae, Edizione, introduzione, traduzione di Mirella Saulini, IHSI, Roma 2011 e la monografia Bernardino Stefonio S.J. Un gesuita sabino nella storia del teatro, Edizioni Espera, Roma 2014. Sua la voce Stefano Tucci (Tuccio) nel Dizionario Biografico degli Italiani, 97, 2020.