LUPARELLA – di Stefania Tirone

San Lorenzo Maggiore – Congrega di Sant’Antonio
 
Quinto ed ultimo spettacolo della rassegna TEATRO IN CAPPELLA
 
Recensione dello spettacolo
 
LUPARELLA
Domenica 10 giugno
Complesso Monumentale di San Lorenzo Maggiore (Cortile)
Piazza San Gaetano, Napoli

 
In una domenica già estiva il meraviglioso Complesso di San Lorenzo Maggiore ospita un evento più unico che raro:Enzo Moscato chiude la rassegna Teatro in Cappella portando in scena uno dei suoi primi testi, Luparella ovvero Foto di bordello con Nanà.
Il palco è rivolto al pozzo collocato al centro del grande cortile. Su quest’area guardano i finestroni dell’antico edificio e intorno ad essa si elevano le ampie colonne del quadriportico ad arcate e navate. Nessun elemento scenografico è aggiunto alla schema simmetrico dell’architettura: in scena solo due luci, due leggii, due aste, due microfoni. Elementi che rimandano subito ad un’idea di dualità e dicotomia. Ma non ci sono certamente bipartizioni nella storia di Luparella ed Enzo Moscato è unica presenza attoriale dello spettacolo. Quando la luce del pomeriggio si fa tenue, l’autore fa il suo ingresso attraversando la scena più volte, muovendosi da un leggio all’altro, finché la musica che sfuma verso il silenzio e il racconto comincia.
Luparellaè un testo diegetico i cui fatti sono narrati dal protagonista stesso: Nanà, “giovane, frisco comm’a nu ggiglio schiuccato a festa” all’epoca dei fatti, rievoca e rivive il dramma di cui è stato testimone e artefice. Il personaggio di Nanà, descritto nel testo a volte con aggettivi declinati al maschile a volte al femminile, è di certo una schiava venduta “ad altre schiave vendute”, che vive nel bordello di “vico Carmeniello a Toledo” facendo lavori pesantissimi per la schiera di prostitute lì costrette a subire ogni sorta di violenza e sopruso. Luogo squallido in una Napoli afflitta dai bombardamenti e costretta all’occupazione tedesca, il bordello diventa, in Luparella, scenario di vita e morte, di purezza e nefandezza, di innocenza e perversione, di altruismo e sopraffazione. Luparella, vecchia puttana del bordello, sta per dare alla luce il suo primo figlio; ha previsto tutto, persino la sua possibile morte, ed ha anche disposto il necessario, senza risparmiare infinite raccomandazioni a Nanà su cosa e come fare in qualsiasi circostanza. Ma la vita, come la morte, è imprevedibile. “Venuta bella bbuona a chiù peggia carestia de’ vammane!“, Nanà decide di aiutare Luparella e di “prendere” il parto della sfortunata, nonostante l’inesperienza. Ma la fatica di questo gesto non è nulla rispetto a ciò che Nanà dovrà ancora affrontare. Il corpo senza vita di Luparella è violentato e oltraggiato da un soldato tedesco sopraggiunto inaspettatamente nella stessa camera dove ha appena visto la luce una creatura indifesa. Nanà ancora una volta non ha alternative, ancora una volta compie l’inevitabile.
Un intenso Enzo Moscato, che, nei panni di Nanà, è contemporaneamente personaggio, interprete e autore del testo narrativo e drammaturgico insieme, legge e recita senza artifici; la parola nuda raggiunge lo spettatore insieme alle immagini putride di sangue e urina; la lingua verace, che accoglie anche parlate tedesche, spinge all’estremo il senso di inquietudine della situazione narrata; il ritmo incalzante alimenta la suspense ma lascia ampio spazio al lirismo e all’ironia del testo. Le parole di Moscato, intrecciandosi ai suoni provenienti dall’ambiente aperto, ricreano il luogo e il tempo narrati. Il dramma procede di pari passo a un continuo susseguirsi di materializzazioni, nello spettatore, di scene, corpi, colori, odori, suoni in una quasi perfetta corrispondenza del luogo della finzione e il luogo della realtà.
Capofila della drammaturgia definita posteduardiana, Enzo Moscato è tra i maggiori esponenti del teatro napoletano: i suoi campi di azione vanno dalla recitazione alla regia, ma è con la sua attività di drammaturgo e scrittore che ha segnato la tradizione innovandola profondamente. La sua figura di autore, attore e regista si impone nel panorama teatrale, non solo napoletano ma europeo, ed è punto di riferimento imprescindibile della produzione contemporanea. Dal 1980, quando a Roma va in scena il suo primo Carcioffolà, è autore prolifico di testi teatrali e non. Padre di una lingua originale, oscura, complessa, inconsueta, articolata, a tratti inventata, eppure così immediata, poetica, musicale e sublime, Enzo Moscato intinge la propria penna nell’ampio calamaio della sua formazione culturale, letteraria e soprattutto filosofica; allo stesso tempo trae linfa vitale dalla città da cui non si è mai distaccato. Napoli, con i suoi abitanti autentici e trascurati, con i suoi vicoli bulimici di vita e vite, con la sua storia crudele e temeraria, con il suo tempo inerte e frenetico, è la celata e indiscussa protagonista nella scrittura di Moscato e si svela al lettore/spettatore senza nascondere il carattere contraddittorio che le è proprio.
La necessaria convivenza degli estremi è carattere fondamentale anche di Luparella, storia di fronte alla quale è impossibile non provare estremo orrore ed estrema tenerezza.
“Io, con la mia capacità, io con la mia capatosta e stommaco di ferro!” afferma la protagonista a sé stessa per darsi la forza di affrontare ciò che deve. Così Nanà diviene immagine di quella Napoli che riesce a “tirar fuori” il coraggio necessario nei momenti di maggiore difficoltà senza arrendersi alle situazioni avverse, immagine di quella Napoli che pur consapevole della propria miseria, riesce alla fine a riscattare la propria condizione.
I pochissimi movimenti che Enzo Moscano compie in scena, da un leggio all’altro in diversi momenti del racconto, costringono lo spettatore a non guardare in un’unica direzione, a dirigere l’attenzione verso gli opposti che compongono il tutto e continuamente dibattersi tra essi senza soluzione.
Ed il pubblico si è dibattuto, al fianco di Nanà: con lei ha raggiunto quella forma di catarsi necessaria al vero teatro. Lo stesso pubblico, soddisfatto, ha alla fine concesso un interminabile, sonoro applauso esternando grande ammirazione per l’autore e confermando che un corpo, una voce e un testo sono tutto ciò che serve perché “la magia del teatro” possa accadere.
 
(Stefania Tirone)
 
 
LUPARELLA
ovvero Foto di bordello con Nanà
di e con
ENZO MOSCATO