LETIZIA FOREVER – di Stefania Tirone

San Lorenzo Maggiore – Congrega di Sant’Antonio

 
Quarto spettacolo della rassegna TEATRO IN CAPPELLA

Il Chiostro del Complesso Monumentale di San Lorenzo Maggiore accoglie nuovamente il pubblico della rassegna che, con Letizia Forever, si avvia alla chiusura. L’ampio cortile diventa foyer a cielo aperto e ci si scambiano opinioni e aspettative: Letizia, protagonista della serata, in passato ospitata a Napoli e a Salerno, suscita molta curiosità nei presenti, sia in chi ancora non l’ha conosciuta sia in chi l’ha già amata e non resiste al desiderio di incontrarla ancora.
Questo penultimo appuntamento è dedicato alla drammaturgia siciliana ed in particolare a Rosario Palazzolo, autore, regista e attore nato e residente a Palermo, la cui scrittura drammaturgica e narrativa emerge nel panorama nazionale per originalità di forme e contenuti. Non a caso riceve costante attenzione anche da parte di contesti accademici di studio e ricerca, in Italia e in Europa: ospitato nelleUniversità di Liverpool, Manchester, Capodistria, Palermo e presso L’Accademia di Belle Arti di Brera (Milano), Palazzolo è stato invitato anche dalla Professoressa Antonia Lezza, nel marzo 2017, a tenere un incontro-seminario presso l’Università degli Studi di Salerno. I temi di una drammaturgia che va oltre le classificazioni di genere trovano perfetta e compiuta declinazione in Letizia Forever (testo nato nel 2013 e confluito nella raccolta Iddi. Trittico dell’ironia e della disperazione), pièce teatrale che conta, con questa serata, ben 115 repliche in pochi anni.
Le piccole vetrate della Congrega di Sant’Antonio lasciano percepire già dall’esterno i bagliori intensi provenienti dalla scena: quando le porte si aprono, una strobosfera rotante, pendente dall’alto del palco appositamente allestito, irradia nello spazio rapidi movimenti di luci colorate, mentre le note della canzone Romantici di Viola Valentino si prolungano finché il pubblico è accomodato. Il riferimento ai “fabulosi anni ’80” è immediato ed eloquente.
Letizia è seduta al centro della scena, accoglie il pubblico con un sorriso compiaciuto, ha accanto un lettore cd, scruta senza cercare, sembra gioire di ciò che vede sotto i suoi occhi. Poi qualcosa cambia: voci confuse si aggiungono e si sovrappongono alla musica in un crescendo di violenza prendendo alla fine il sopravvento. L’espressione di Letizia cambia e dallo stato di serenità in cui sembrava versare passa ad uno di evidente angoscia e disagio. Non vuole ascoltare quelle voci e con gesto risoluto allunga il braccio, pigia un tasto. La musica e le voci si interrompono all’improvviso. L’espressione di Letizia lentamente torna serena.
Lo spettacolo è iniziato solo da pochi minuti, ma quel corpo vigoroso e aggraziato in abito casalingo e ciabatte rosa rapisce completamente l’attenzione ancor prima di pronunciare parola. Salvatore Nocera, con un’interpretazione magistrale, dà voce al racconto di Letizia: attore uomo sì, con tono e barba da uomo, movenze delicate fatte di gesti ripetitivi e convulsi come l’aggiustarsi il vestito a fiori sulle gambe, l’accarezzarsi le mani e continuamente azionare il “musicassette” con i tasti “play” e “pause”. La storia di Letizia intriga, la sua ironia seduce, la sua intelligenza di donna incolta conquista. I ritmi del racconto sono scanditi dalle canzoni del repertorio anni ’80, “genere amore”: nel dialetto stretto siculo fatto di continue interferenze di termini italianizzati scorrettamente, Letizia si racconta e lo fa ora freneticamente sulla musica che va avanti, ora lentamente e in tono sussurrato quando la musica si ferma. In questa storia di amore e violenza, di sogni infranti ed eventi inaspettati, vi è un continuo riferimento ad altri, personaggi in scena, ma che non si vedono: “iddi” mai si manifestano se non nel suono di un campanello che impone a Letizia di riprendere il racconto. Per “iddi” è necessario che precise regole vengano rispettate, che la terapia vada avanti e, grazie alla “cura della canzone”, l’inconscio prenda forma e si raggiunga la verità finale: scoprire chi veramente è Letizia. Ma è un’illusione e la verità resta “incapibile”!
Letizia è uno spettacolo in cui tutto sfugge a una visione univoca, ad un’interpretazione certa. Chi è Letizia? Dove si trova? Di cosa ci sta parlando veramente? Ebbene, ci parla dell’impossibilità di conoscere la verità, ammesso che una verità esista. Tutto è potenzialmente qualcosa ma anche il suo opposto, a partire dal corpo: al centro dello spettacolo, una figura attoriale che sfugge alla definizione di genere uomo/donna per farsi corpo neutro dell’essere che è essere umano. Impossibili da descrivere in modo chiaro, impossibili da scandagliare fino in fondo per comprenderne i motivi, impossibili da inquadrare, etichettare, definire: non sono così le persone? Non sono così i rapporti (madre/figlia, marito/moglie, etc..)? E non è così anche il teatro?
“E allora qua mi sono detta: Letì, immaginati il teatro! Immaginati che tu sei l’attrice del teatro e che c’è tanta gente zitta che t’ascolta…”: col suo sguardo ironico e pungente, Letizia rende il pubblico parte integrante della messa in scena, mentre il testo svela la sua componente metateatrale.
Richiamando l’unica metafora possibile dell’uomo e della vita, il racconto di Letizia è come il teatro che non svela mai se stesso completamente, le sue motivazioni, i suoi segreti: lascia riflettere, provoca e poi, uguale ma mai identico a sé stesso, alla prossima replica come nel cd giunto all’ultima canzone, ricomincia da capo.
Letizia è l’inadeguatezza di ogni paradigma disgiuntivo che vorrebbe la vita come definibile per concetti opposti, è la distruzione della concezione che vorrebbe vedere “o bianco o nero”. Letizia è paradosso, Letizia è ossimoro.
Lunghi e scroscianti applausi al termine di uno spettacolo che continua a commuovere, interessare, scuotere, divertire, pungolare e non stanca: Letizia è la canzone che ami e che potresti ascoltare “forever”.
 
(Stefania Tirone)
 
 
LETIZIA FOREVER
testo e regia di ROSARIO PALAZZOLO
con SALVATORE NOCERA
e con le voci di Giada Biondo, Floriana Cane, Chiara Italiano, Rosario Palazzolo, Chiara Pulizzotto, Giorgio Salamone 
scene Luca Mannino 
luci Toni Troia 
assistente alla regia Irene Nocera
coproduzione Teatrino Controverso / T22 / Acti Teatri Indipendenti