RACCONTI DA TOLEDO – di Stefania Tirone

Chiesa Sant’Angelo a Nilo, Napoli


Primo spettacolo della rassegna TEATRO IN CAPPELLAilo
 
Un pubblico curioso lascia la strada affollata del centro storico in una sera dal clima primaverile per entrare nellaChiesa di Sant’Angelo a Nilo. È subito dimensione altra, parallela rispetto al brulicare di fuori, isolata dalle spesse mura di questo luogo di devozione.
L’alta cupola verso cui protendono le bianche colonne è alle spalle, sullo sfondo un affresco sacro, i candelabri ed i colori dei preziosi marmi; nello spazio antistante una pedana, un leggio, una sedia e una chitarra. Le luci si spengono; Gino Curcione ed Enza di Blasio giungono dalle spalle della platea. Luiin piedi, occhi sui fogli bianchi, è elegante nel suo abito scuro.Lei, in abito lungo e nero, è accomodata su uno sgabello con la sua chitarra.
Nessun sodalizio formale tra i due ma un legame umano di affinità artistica. Spesso insieme in scena, ad esempio, nell’ultimo lavoro di Enzo Moscato Raccogliere e bruciare.
Racconti da Toledoè uno spettacolo in forma di reading strutturato su doppio livello: nel primo si intraprende un viaggio all’interno della produzione letteraria di autori come Enzo Moscato e Annibale Ruccello, tra i maggiori drammaturghi del Novecento; nel secondo, un viaggio musicale all’ interno della tradizione popolare meridionale.
Lo spettacolo si apre con la storia dello scontro tra le “Figlie di Geova” e le devote di “San Rafele” descritto nel Piccolo Epinicio di Enzo Moscato, breve scritto confluito nella raccolta Occhi gettati e altri racconti pubblicata dalla Ubulibri nel 2003. La scelta di un racconto in prosa destinato alla lettura e non alla messa in scena dimostra già l’intenzione di rinunciare ad ogni forma di teatralizzazione.
Piccolo Epinicioè un testo corale che accoglie una moltitudine di voci diverse che raramente dialogano: c’è l’emergere di una voce sulla folla (“Ma a vuie che ve ne fotte? Ma a vuie che ve ne fotte? – alluccava la Johnsòn a copp’e grare, for a chiesa”), l’unisono cantilenante di quelle che “si limitavano, monotone, al solito rondò, alla solita querelle” (“Le tue mura cadranno, Gerusalemme! I tuoi idoli barbàri brusciarranno a mille piezze!”).
Gino Curcione dà la parola ai diversi personaggi con la maestria di chi sa ben gestire vocalità e ritmo e, con il solo strumento della propria voce, rendere visibile agli occhi dello spettatore scenari, atmosfere e accadimenti. L’ironia con cui viene descritta la rivalità tra le due fazioni di donne religiose – “Ma si so’ ‘e Genova, che vonna a ccà?!”, chiede l’ingenua Sesella nel bel mezzo della diatriba – è restituita pienamente da Gino Curcione con un’interpretazione dai toni “naturali” che non forza e non deforma il senso del testo, anzi ne valorizza la carica descrittiva.
Ancora donne sono le protagoniste degli altri racconti.
Da Mamma. Piccole tragedie minimali di Annibale Ruccello, soffermandosi sul primo dei quattro atti unici che compongono l’operaCurcione interpreta le due fiabe di Catarinella e Il re dei piriti. Grazie ad una lettura incalzante, ma mai affettata, questi versi esilaranti rimandano ad un mondo di credenze e di figure fiabesche, come “l’auciello grifone”, che ricordano l’immaginario fanciullesco appartenuto ad ognuno di noi. Come la mamma che nel testo di Ruccello racconta fiabe per educare, ammonire o solo intrattenere il suo piccolo, così Curcione conquista l’attenzione e la partecipazione di un pubblico lieto di lasciarsi trasportare in una dimensione fantastica e lì sorridere con leggerezza (o forse no?) anche della “crudeltà” delle situazioni raccontate. 
Andando al quarto atto della stessa opera di Ruccello, Gino Curcione ripropone uno dei testi maggiormente frequentati e conosciuti dell’autore stabiese, La telefonata. Al grido “Uh! Maronna ‘o terremoto! […] Pateterno mio! Aiuto!”  Gino Curcione fugge via tra gli applausi del pubblico. Di nuovo silenzio, in scena Enza Di Blasio imbraccia la sua chitarra e senza fretta si allontana anche lei intonando un ultimo canto di commiato, Comm’a fronna di Raffaele Viviani. Ancora sentiti applausi. Come quel bambino che al termine di una favola vorrebbe ascoltare ancora, il pubblico resta affascinato e rapito.
Gino Curcione riduce i movimenti in scena ad una gestualità accennata e simbolica con spostamenti minimi fatti per bilanciare il proprio corpo nel limitato spazio definito dal leggio; volta delicatamente le pagine e resta immobile negli intermezzi musicali senza interrompere il flusso poetico. Mantenendo un ritmo sempre preciso, presta la giusta tonalità alla metrica intrinseca ai versi, rispetta la musicalità dei testi e restituisce in modo equilibrato le sonorità di una lingua affascinante come quella dei due autori, senza cedere ad un’espressività ampollosa o ad una cadenza ridondante.
Enza Di Blasio dà prova di sensibile bravura nella sequenza di brani da lei musicati e interpretati, cura gli interventi musicali con la grazia e la delicatezza che le appartengono.Cantante-attrice e musicistapartenopea, tra le più apprezzate della scena attuale, Enza Di Blasio si dona ad un’interpretazione pacata e profonda: il suo stile intenso non si basa su modi enfatizzati, ma sui toni inebrianti di un’inflessione vocale precisa e appassionata. La sua figura in scena è spesso silenziosa, assorta, sempre fascinosa ed intrigante. I raffinati momenti musicali fanno da contrappunto al racconto, lasciando che le parole sedimentino nella memoria dello spettatore e che le note pongano un suggello alle suggestioni ricevute.
 
(Stefania Tirone)
 
RACCONTI DA TOLEDO
a cura di Gino Curcione e Enza Di Blasio
Enzo Moscato, Occhi gettati e altri racconti – Occhi gettati (Piccolo Epinicio)
Annibale Ruccello, Mamma. Piccole tragedie minimali – Catarinella / Il re dei piriti
Annibale Ruccello, Mamma. Piccole tragedie minimali – La telefonata
Anonimo, Catarinella
Anonimo, Aggio girato lu munno
Anonimo, L’ Auciello Grifone 
Anonimo, Madonna tu mi fai lo scorrucciato
Ariel Ramirez e Félix Luna, Alfonsina y el mar 
Domenico Modugno, Tu si ‘na cosa grande 
Raffaele Viviani, Comm’a fronna