L’ALLEGRO GIULIVO – di Paola Guida

“L’Allegro Giulivo” – Museobottega della Tarsialignea, Sorrento

Venerdì 19 agosto 2016, alle ore 21.00, l’Associazione “Centro Studi sul Teatro Napoletano, Meridionale ed Europeo” in collaborazione con l’Associazione “Palma Cappuro”, nell’ambito della rassegna Teatro al Museo, presenta Lello Giulivo in  L’Allegro Giulivo. Al pianoforte il maestro  Ciro Cascino.

Museobottega della Tarsialignea, Via S. Nicola, 28 – Sorrento.

Recensione dello spettacolo

 Diciannove cappelli  per un macchiettista

«Apprezzatissimo dal pubblico è il ritorno di un autentico mattatore della scena che chiude in un crescendo di presenze quantitative e qualitative e di consensi, questo ciclo di spettacoli». Così il prof. Giuseppe (Gius) Gargiulo, presidente dell’Associazione culturale “Palma Cappuro”,  presenta al pubblico Lello Giulivo accompagnato al pianoforte dal maestro Ciro Cascino, in questa terza ed ultima serata della rassegna “Teatro al Museo” 2016 a Sorrento. «Una piccola rassegna», ricorda Antonia Lezza,  promossa dal  “Centro Studi sul Teatro Napoletano, Meridionale ed Europeo” e dall’Associazione culturale “Palma Cappuro”, costruita su un testo di teatro di parola ineguagliabile qual è Compleanno di Enzo Moscato, su un recital dedicato a Domenico Modugno dal titolo Concerto Blu di Lalla Esposito e su quest’ultimo appuntamento con L’Allegro Giulivo, spettacolo di macchiette napoletane risalenti alla prima metà del Novecento scelte dal protagonista in quanto particolarmente idonee alle sue «capacità espressive». Il senso di sostenibile “leggerezza dell’essere”, cui il genere aspira, e il trasporto alla spontaneità del riso, sono i principi guida di questa operazione di teatro e musica: «un ridere – spiega Giulivo – se vogliamo anche di noi stessi, una sorta di analisi del comportamento, dei vizi e dei tic che una volta erano motivo di ilarità e che fanno parte in modo un po’ datato del nostro passato», ma che ha ancora molto da offrire al pubblico contemporaneo. «L’essere contenti di ridere» per usare una espressione di Ludovic Dugas, che sarebbe piaciuta ai suoi contemporanei partenopei: il Maldacea, il Pasquariello e i molti altri artisti ai quali la macchietta «diede natali artistici e carriere illustri».
Sul patio/palcoscenico nel giardino del museo un appendiabiti da terra in legno di vernice rosa, unico complemento d’arredo funzionale per reggere le “maschere” di scena: una paglietta, un borsalino, una coppola, un panama. Per ogni cappello un cambio di posa da macchiettista, per ogni posa da macchiettista un’intenzione, un’insinuazione, una situazione, un tipo. Che Putiferio… avrebbe detto Raffaele Viviani! Per ogni tipo una musica che lo accompagna, che lo insegue e che a volte lo supera con un passaggio di testimone al professionismo interpretativo e creativo del maestro Cascino, anch’egli partenopeo, abile nell’eseguire le musiche di scena, nonché valente solista e direttore di ensemble musicali.
Lo stile canoro e la mimica gestuale di Giulivo enfatizzano, sposano del testo le frasi, le espressioni dialettali così volutamente equivoche come per ‘O Cafè CalzonaIl Balbuziente e Fatta fa ‘a foto. Il sottotesto, ovvero il non detto solo accennato, è “irriverente” al punto da dover essere continuamente sotteso al gioco del sottinteso, cosicché la vera sostanza trattata, l’erotismo, possa giocare a mosca cieca con l’attenzione a un certo rigore morale. Ma la bravura dell’interprete/attore scioglie ogni imbarazzo e sulle labbra del pubblico non si crea una volgare risata, ma un tenue sorriso.
Il tono attoriale si sviluppa in un testo particolare come L’Abitué dei concerti, si profuma di “acqua dannunziana” ne Il commediografo, ingentilisce i toni ne La dorge sirinata. Con l’interpretazione di  Pecché ddoje nun fanno tre e di Che calze vo’? siamo al tono satirico di un marito risentito e pusillanime. Tra i gioielli del repertorio macchiettistico presentati in questa speciale serata Ciccio Formaggio Dove sta Zazà; difficile prova per l’allegro Giulivo che deve interpretare quelle stesse che negli anni ’40 portarono alla ribalta l’indimenticabile Nino Taranto.
Nel frattempo il pianoforte continua a puntualizzare a tempo di mazurka, di valzer gavotta e di agili quartine discendenti verso note puntate, staccate, affermative e senza esitazioni di alcun genere il suo carattere risoluto. Poi tace!
È il momento degli intermezzi: le liriche del grande drammaturgo Raffaele Viviani: Ommo ‘e vino‘O malamente‘O guappo ‘nnammurato  e  Giulivo – come ricorda Antonia Lezza –  si conferma «attore vivianeo di spessore altissimo». L’allegro macchiettista ci allieta ancora con piccoli distillati di vitamine dal gusto ironico L’Enemì‘O D.D.T.‘O rraù. Giusto il tempo perché il pubblico possa fa na cura rinfurzata, prendere un lungo fiato, mentre l’attore e il pianista, con una sinergia perfetta, si cimentano nella rocambolesca maratona del Don Checchino; uno scatto finale in prosa e in tempo allegro vivace.
Che dire! Su questo ridondante Putiferio polisemico di espressioni equivoche si chiude la serata e questa esperienza costruttiva, positiva, che, senza dubbio, ha offerto a tutti una ulteriore opportunità di riflessione sulle motivazioni del fare teatro… musica…, motivazioni talmente forti da cercare continuamente di proporre e riproporre questo tipo di spettacolo in alternative possibili alle strutture deputate ufficiali, con un sentito e accorato ringraziamento, come precisa Antonia Lezza, a coloro «che hanno sostenuto e creduto in questa rassegna».

Paola Guida