CONCERTO BLU – di Paola Guida

Sorrento

Venerdì 12 agosto 2016, alle ore 21.00, l’Associazione “Centro Studi sul Teatro Napoletano, Meridionale ed Europeo” in collaborazione con l’Associazione “Palma Cappuro”, nell’ambito della rassegna Teatro al Museo, presenta Lalla Esposito in  Concerto Blu. Omaggio a Domenico Modugno. Al pianoforte il maestro  Antonio Ottaviano.

Museobottega della Tarsialignea, Via S. Nicola, 28 – Sorrento.

Recensione dello spettacolo

Una donna,  due voci e un cilindro

«La maggior parte delle canzoni le imparavo dalla radio
ma qualcuna era frutto della mia fantasia..»
Domenico Modugno

Il “Centro Studi sul Teatro Napoletano, Meridionale ed Europeo” in collaborazione con l’Associazione culturale “Palma Cappuro”  continua a sostenere iniziative volte alla valorizzazione e alla divulgazione del «teatro napoletano e della nuova drammaturgia italiana» a Sorrento, luogo noto al mondo per la sua prestigiosa tradizione culturale. In questa ottica si innesta la rassegna intitolata Teatro al Museo che, come sottolinea il Presidente del “Centro Studi” Antonia Lezza: «nasce come una sfida, un progetto autonomo, auto-organizzato e formativo, destinato ai giovani e non soltanto ad essi». Aggiungiamo poi la connotazione estetica, scenografica, nonché il valore culturale della location che accoglie quest’anno la rassegna: il Museobottega della Tarsia Lignea, con le sue meravigliose collezioni ed il suo giardino-palcoscenico. Non ultimo il pubblico che sceglie di presenziare e sostenere questo tipo di format culturale.
Concerto Blu è il titolo dell’evento di questo secondo appuntamento serale, che ha come protagonista  Lalla Esposito accompagnata al pianoforte dal maestro Antonio Ottaviano, ed è un omaggio al grande Domenico Modugno, la cui arte e creatività viene ricordata dal prof. Giuseppe (Gius)  Gargiulo attraverso la citazione di una frase di Baudelaire: «Le persone che amano il mare amano una libertà di spazio di ispirazione».
Lalla Esposito spiega ancora la prof.ssa Lezza: «è una cantante e attrice raffinata, sensuale, forte,  molto napoletana che parla una lingua perfettamente napoletana. Reduce dall’ultimo successo di Napoli ’43, scritto e diretto da Enzo Moscato, si esibisce in questo recital costruito da lei, sorretto da un tessuto di racconto chiaramente ispirato alle lettere e all’autobiografia dell’artista scomparso».
L’operazione è interessante, come interessante è l’idea che una voce femminile interprete che si identifichi con il personaggio maschile cui rende omaggio. Nulla viene snaturato; semplicemente si tratta di un processo di appropriazione linguistica, idiomatica, e di una performance resa con una gestualità minima e con intensità massima, grazie alle capacità espressive dell’attrice che ha una solida formazione teatrale. Lalla interpreta alcune canzoni di “Mimmo”, sposandone l’idioma vernacolare salentino e il dialetto siciliano. “Mimmo”, interpretato da Lalla, racconta frammenti del suo percorso artistico come una voce fuori onda, che si immerge nella memoria del passato e ricorda: un flashback. Il tessuto drammaturgico verte su questa scansione temporale diacronica nell’alternanza tra parti cantate ed assoli recitati. Chiaramente anche l’accompagnamento pianistico ha un ruolo di primaria importanza perché rende e sostiene  il climax di volta in volta richiesto dalle esigenze del racconto. Lo spettacolo ha inizio più o meno cosi:
 «Penso che un sogno così…
…penso che un sogno così…
…penso che un sogno così…».
In apertura la cantante partenopea intona questo verso onirico, per ben tre volte, e con tre diverse intenzioni comunicative. Subito si percepisce dal timbro nel corpo della voce, un sentimento nostalgico, una saudade, una pucundìa, una appocundria  che a tratti si confonderà tra le atmosfere sonore altre della performance. A seguire comincia il racconto:
«Mi chiamo Mimmo…
…sono nato nel 1928…
…venivo da un contesto disagiato..
 …quella musica presa ad orecchio…
 …mi sarei aggrappato ad un rimorchio…
…la vita stessa stava indirizzando me..»
Con il brano Se Dio vorrà  questa cantante “vera”, rende con tono struggente un testo carico di poesia. A seguire l’atmosfera cambia sulle note di Resta cu’mme e,  pur trovandoci in un giardino all’aperto sotto un cielo trapunto di stelle, sembra di essere seduti in una calda sala da Jazz-club, situata in un quartiere nei pressi di un vecchio porto europeo, tra birrerie e ristoranti turistici.
La narrazione riprende sul ricordo del giovane Modugno che a suon di marcia, di mance e sacrifici arriva al Festival di Sanremo: «…ricordo che ero emozionatissimo… sentivo che stavo giocando la partita più importante della mia vita…»  e poi  «c’è sempre qualcosa di rischioso che determina il successo o l’insuccesso, qualcosa che non si può assolutamente prevedere, eppure ci si mette la stessa passione, lo stesso entusiasmo».
Il pianoforte del maestro Antonio Ottaviano introduce Vecchio frack, poggiandosi sul bastone di qualche fermo e sporadico accordo da introduzione beethoveniana, e con la scansione di un tempo di tango avvolge la voce femminile e la cinge in un singhiozzato pas de deux. Gradatamente il corpo della voce di Lalla si libera da questo metaforico abbraccio ed esprime una sopraggiunta inquietudine sull’incipit di  Tu si’ ‘na cosa grande. Si percepisce così l’apprestarsi di un momento di maggiore drammaticità che non tarderà ad arrivare. Le poche note lunghe su intervalli discendenti  si frantumano e si sciolgono in tante piccole biscrome «come le nuvole che passano verso il sole…» allora Dio, come ti amo. Ora dal pianoforte c’è qualcosa di simile ad un efficace pedanteria sonora che rende il peso di un sentimento doloroso.
Si appresta nuovamente il racconto: «Il mio viaggio in America fu straordinario ebbi accoglienze entusiastiche, ho dovuto firmare autografi fino ad avere il crampo alla mano… ho dovuto sorridere fino ad avere il crampo alla faccia…».
Così l’instancabile Mimmo è riuscito a Volare, e Lalla Esposito può agitare le sue braccia al vento e cantare: «nel blu dipinto di blu» in uno stile crooner americano: «Non si può descrivere quel momento in cui hai la sensazione di aver vinto una lunga battaglia… sei arrivato e non sai ancora… Ricordo che tremavo tutto…  Ero entrato nella folla».
Con entusiasmo e grande versatilità Lalla approccia La donna riccia a tempo di Bossa nova anni ’50, mentre per Lazzarella O ccafè si riappropria della duttile e corposa lingua napoletana. Stasera pago io… ci disorienta sul finale drammatico di matrice raveliana. Cosa sono le nuvole con i suoi versi che non disdegnano certi moti di penna da librettisti d’opera, forse sarebbe stata gradita ai veristi Mascagni e Giordano ancora attivi nella prima metà del Novecento.
Ci avviamo lungo ‘Na strada ‘nfosa  alla conclusione del recital e del racconto. La voce off, la voce fuori onda, quella dell’anima, fa un’ultima immersione nel mare della memoria:
«La vita va sempre vissuta…
…il 6 agosto del 1994…
…abbracciai con lo sguardo la mia villa di Lampedusa…
…a ridosso della spiaggia…e…»
E adesso lei, la donna con il cilindro e i suoi intensi occhi neri, può spalancare le braccia e cantare un Meraviglioso… inno all’amore.

Paola Guida