Sorrento
Lunedì 17 agosto 2015, alle ore 21.30, presso il Parco degli Aranci, nell’ambito del Torneo di Tennis Memorial Esposito, organizzato da Sergio Landolfi e gli amici del Parco, Lello Giulivo si è esibito nel concerto Na voce e na chitarra (In viaggio da solo).
Recensione dello spettacolo
Concerto ricamato da un artista
Il luogo che ospita un evento ne costituisce il palcoscenico per eccellenza, in esso diverse componenti culturali possono incontrarsi ed aprirsi al confronto, allo scambio.
Così stasera accade che l’Associazione culturale “Centro studi sul Teatro Napoletano, Meridionale ed Europeo”, nata per promuovere il teatro, la sua tutela, sia ospite all’interno di una manifestazione che celebra una dimensione “altra” della memoria: la memoria sportiva. Parliamo del Terzo Memorial in ricordo dei maestri di tennis Giuseppe e Salvatore Esposito che nella persona del suo ideatore Sergio Landolfi, ci accoglie nel Parco degli Aranci a Sorrento. Luogo/palcoscenico appunto informale, di particolare bellezza per l’armonia delle proporzioni dei suoi edifici, per i suoi spazi di intrattenimento, per l’esuberanza dei suoi complementi colorati che sembrano il frutto “in nuce” di un progetto di architettura multicolorcontemporanea. «La manifestazione prevede un Torneo di Tennis ed una serie di eventi spettacolari che fanno da corollario», come appunto ricorda Landolfi.
L’associazione è presente con la sua fondatrice Antonia Lezza, con i suoi sostenitori, con la musica e con Lello Giulivo, mimo di nascita, attore, personaggio noto al pubblico che segue le nostre tradizioni culturali. Stasera in veste di chansonnier, presenta il suo recital dal titolo Na voce, na chitarra…In viaggio da solo, interpretando, con l’accompagnamento della chitarra, brani tratti dal repertorio della canzone napoletana tra Ottocento e Novecento.
Il concerto è strutturato su diversi livelli: alle melodie cantate si alternano letture recitate delle poesie del grande Raffaele Viviani: ’E vvoce ’e Napule, Quant’aucielle; non mancano momenti discorsivi in cui Giulivo ricorda, spiega, annuisce ironicamente, parla della sua formazione artistica avviando il pubblico a nuovi spunti di riflessione. Così intrattiene gli spettatori sul tema della napoletanità; quella che nel linguaggio contemporaneo traduciamo come appartenenza di sentimenti, di luoghi, di modi di essere, di tradizione; simboli radicati che la canzone napoletana riesce a significare in modo inconfutabile, anche quando il tempo ne muta le modalità espressive. L’aspetto monostrutturale della performance riguarda invece lo stile vocale, una scelta precisa: «Venivamo dalle voci ricamatrici… dai cantori come Papaccio, Rubino», spiega Giulivo ad un certo punto: «il mio modo di cantare è quello classico, quello che precede l’avvento del neomelodico». A seguire un momento di convivialità esilarante, quando lo chansonnier regala a cappella l’interpretazione comparata del brano ’O Bar ’e l’Universitàdestando in noi un sorriso disinvolto.
Rispettoso di quella “antica maniera” della cultura musicale si appresta al canto di Comme se canta a Napule, Mandulinata a mare, Na bruna, Scalinatella e le sillabe nelle strofe si arricchiscono di un semplice ordito melismatico, fine e sottile. La sua traccia timbrica vocale, pur essendo baritonale e corposa, non si addentra nelle trame del canto lirico in senso stretto, come potrebbe in Passione, A Vucchella, ma sa disciogliersi nel lirismo sentimentale del verso. Più audace diviene poi il ritmo tra le dita sulle corde che sostengono Tarantella segreta, Indifferentemente e Ammore ’E Tango.
Mentre canta e declama, Giulivo si conferma così appartenente a quella schiera di artisti partenopei che già in passato definivo “rapsodi dialettali post-moderni”, ovvero professionisti, che hanno inteso lo studio di particolari repertori del patrimonio culturale meridionale, ed hanno acquisito per essi una soddisfacente ed efficace capacità tecnica fonatoria.
Il viaggio da solo… dell’attore musicante tra i meandri della sua identità sonora si trasforma poi in un percorso di ascolto condiviso e condivisibile dal pubblico che riconosce la propria emozione, e si lascia così trascinare al canto sulle note di Te voglio bene assaje, Palomma ’e notte ed Era de Maggio. Questo accade quando l’artista è capace e sa coinvolgere, quando nel luogo dell’evento si crea una buona dimensione relazionale tra convitati, musica e parola.
Si potrebbe continuare ad oltranza a chiedere canzoni, ma il tempo è tiranno, ed anche la luna si appresta a celarsi trasunnata nella foschia della notte. Allora…
A chi è straniero e vène, o se ne va…
Va’ core cuntento…
Ca basta sulamente…
Na voce, na chitarra e ’o ppoco ’e luna.
n’aria ’e ciardino
nu filo ’e voce,
nu core ardente,
e tanta gente ca, ride o chiagne, ma vo’ sempe cantá.
Paola Guida